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South of Hell

2015
Titolo Originale:
South of Hell
REGIA:
Matt Lambert
CAST:
Mena Suvari (Maria Abascal)
Zachary Booth (David Abascal)
Lamman Rucker (Elijah Bledsoe)

Il nostro giudizio

South of Hell è una serie tv del 2015, ideata da Matt Lambert

Il 2015 è stato un anno molto ricco per l’instancabile Eli Roth: baciato dalla distribuzione di Green Inferno, diretto il thriller Knock Knock e prodotto il remake del suo esordio, Cabin Fever, Roth insiste a ritagliarsi il suo spazio nella serialità televisiva nonostante fischi e fiaschi con Hemlock Grove e Real Scares. Eppure le aspettative intorno al suo nome sono sempre alte, il che dà da riflettere sul suo effettivo status di autore, una riflessione che parte dagli estremi che ormai polarizzano le discussioni sul (suo) cinema nell’era di internet. C’è chi lo considera un bluff, sopravvalutato, capace solo di azzeccare qualche film per via della crudeltà con cui lo infarcisce e per questo portatore di aspettative che puntualmente delude. C’è chi lo venera come un autore, uno dei pochissimi della nostra generazione, capace di spaventare e sconvolgere i generi con un’impronta personale e rivoluzionaria. South of Hell contribuisce con qualche carta alla tavola rotonda, facendo pendere la bilancia verso il basso. Sulla carta succoso e appetitoso, perché vi girano attorno nomi più che interessanti per chi pratica il genere, dall’executive Jason Blum che produce con la sua Blumhouse Television ai registi Rachel Talalay (Nightmare 6), Jennifer Lynch (Chained) e Ti West (The Innkeepers) che si alternano alla regia degli episodi, fino allo stesso Roth, che si assegna la direzione del pilot, e a Mena Suvari, protagonista sdoppiata. Sullo schermo squilibrato e fumoso.

La storia riprende il concept di Buffy l’ammazzavampiri ambientandolo nelle paludi della South Carolina, popolate da stregoni, demoni e sette sataniche. In una di queste, l’Ordine dell’infinito, il perfido capo, Enos Abascal, sacrifica la propria figlia Maria (la Suvari) per farla possedere da un demone. Il sacrificio riesce ma l’irruzione della polizia provoca un vero e proprio massacro a cui sopravvivono solo Maria e il fratello David (Zachary Booth). Vent’anni dopo i due fratelli si sono costruiti una vita a Charleston, la città con la più alta densità di chiese in America, convivendo con i propri demoni: la prima ospita dentro di sé Abigail, demone che ha rinnegato i propri simili e ne dà la caccia per potersene nutrire, il secondo combatte contro la dipendenza dalla droga per poter proteggere la sorella. Alla loro porta bussa un giorno il reverendo Elijah Bledsoe per avvertirli che Enos è ritornato e sta costruendo dei portali per condurre orde di demoni sulla Terra con l’aiuto di una nuova setta, la A&O i cui spot sono dappertutto.

Dicevamo del dilemma che sbuca puntualmente a ogni opera in cui Eli Roth mette firma: il grosso interesse che può suscitare una trama che segue fedelmente il filone delle possessioni demoniache, delle sette sataniche e della lotta tra gli angeli e i diavoli si sgonfia presto di fronte a una realizzazione povera di trovate di scrittura e di regia. Le lotte tra i demoni, in sostanza normali esseri umani con iridi fluorescenti, promettono un approccio selvaggio al tema, ma a parte qualche passeggiata tra le pareti e un fist lesbico per estirpare un demone a forma di pene si vede ben poco e ci si affida alle inquietudini metafisiche da quattro soldi (il purgatorio è un bar alla stazione degli autobus, in bianco e nero), al richiamo del male provocato da drammi familiari e personali, metafora della dipendenza alla droga (il racconto è commentato dalla voice-over di David). In più e più occasioni si suggeriscono congressi saffici (la serie è stata commissionata da WE, Women Entertainment, dal pubblico prettamente femminile) ma sono anch’essi specchietti per le allodole. Non tutto è da buttare: il fulmine in coda è un guizzo cattivissimo, fuori tempo massimo ma godibile.