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Snitch: l’Infiltrato

2013
Titolo Originale:
Snitch
REGIA:
Ric Roman Waugh
CAST:
Dwayne Johnson (John Matthews)
Barry Pepper (Agent Cooper)
Jon Bernthal (Daniel James)

Il nostro giudizio

Snitch: l’Infiltrato è un film del 2013, diretto da Ric Roman Waugh.

Oramai, quando ci si appresta alla visione di un film con Dwayne Johnson – non chiamatelo più The Rock o vi menerà a sangue – bene o male si sa già dove si andrà a parare: sparatorie e scazzottate (Il Re Scorpione, Doom, Fast & Furious 5…) o roba per famiglie (L’acchiappadenti, Corsa a Witch Mountain, Viaggio nell’isola misteriosa…). È un po’ una sorpresa, quindi, trovarselo in un ruolo dove non interpreta un megaguerriero ammazzatutti o la parodia di se stesso a uso e consumo di bimbetti che comunque non hanno idea di chi diavolo sia. E questa sorpresa è uno dei punti di forza di Snitch – L’infiltrato, l’ultimo film di Ric Roman Waugh, stuntman di lungo corso passato alla regia, con alle spalle un paio di lungometraggi piuttosto interessanti, su tutti il disturbante Felon (2008).

In Snitch, il nostro caro Dwayne dimostra di non essere solo un ammasso di muscolazzi, ma anche un discreto attore: qui è un padre, John Matthews, il cui figlio Jason, appena diciottenne, viene beccato dall’antidroga americana, la DEA, con una busta piena di ecstasy, che conservava per fare un favore a un amico. Con un tale quantitativo, rischia dai dieci ai trent’anni di reclusione, a meno che non faccia la spia e aiuti gli sbirri a incastrare qualche altro tossico, sia esso un narcotrafficante o un semplice consumatore. E qui nascono i veri problemi: Jason è del tutto fuori dal giro, non conosce nessuno se non l’amico che gli ha dato l’ecstasy, e sebbene fermo nella sua intenzione di non diventare un’infame, non lo potrebbe neanche fare, perché si scopre che è stato proprio tale presunto amico a organizzare la sua cattura, indotto dalla DEA a fare qualche nome per ridursi la pena dopo il suo arresto.

A John rimane un’unica soluzione per evitare al figlio la galera: collaborare con la DEA come infiltrato in un cartello della droga. Ma agli sbirri e al cinico procuratore Joanne Keeghan (Susan Sarandon) non bastano un paio di arresti di intermediari, loro vogliono il boss del cartello, e faranno di tutto per costringere John ad arrivare fino in fondo. A ogni scena ci si aspetta la classica rivelazione, cioè che John, onesto proprietario di una compagnia edile, in realtà sia un qualche tipo di supersoldato, esperimento genetico o figlio delle stelle dagli incredibili poteri, in grado di abbattere decine di persone a starnuti, e che il film si trasformi d’un tratto in un action puro tutto pallottole ed esplosioni. Si aspetta certi che prima o poi Johnson tiri fuori il suo armamentario di acrobatiche mosse speciali, residuato del suo passato di wrestler, finché non ci si ritrova di fronte a quella che potremmo anche definire la scena cardine del film: John che cerca di comprare della coca da piccoli spacciatori di strada allo scopo di filmarli e incriminarli, ottenendo solo un bel pestaggio.

Cosa? Dwayne Johnson, il monolitico The Rock, picchiato a sangue da quattro teppistelli di strada, e senza riuscire a mollargli neanche un cazzotto? Ci si sente spiazzati, ma è un gran bello shock, che scardina ogni certezza accumulata con la visione di decine di action, e aumenta l’interesse per le gesta di quest’uomo normale, fallibile e insicuro come ogni altro uomo alle prese con un mondo spietato e violento che fino allora mai avrebbe pensato di conoscere, e poco importa se quest’uomo è un armadio di due metri per due le cui spalle occupano sempre metà inquadratura. Così come Stallone ha dismesso i panni del superduro in Copland di James Mangold (rileggetevi lo speciale “Rocky e i suoi fratelli” su Nocturno 120, in caso), lo stesso si potrebbe dire per Johnson in Snitch: un tentativo (riuscito) di smarcarsi dalla sua immagine pubblica di spaccaossa indistruttibile, senza ricorrere all’autoparodia ma concentrandosi sulle sue doti di attore, mai veramente sfruttate a pieno.

Basterebbe questo a rendere Snitch degno di interesse, ma il film di Waugh ha anche altri assi nella manica, a partire dalla critica feroce non tanto dell’operato delle forze dell’ordine statunitensi, quanto piuttosto delle leggi su cui si basano, che spingono al tradimento dei propri amici nel tentativo di ridurre pene eccessive per reati minori, rovinando le vite di persone perbene indegne di tali trattamenti. Le poche scene d’azione arrivano nei momenti giusti e sono esaltanti (come l’inseguimento automobilistico finale), tutti gli attori sono incredibilmente in parte (menzione per Jon Bernthal e Michael K. Williams) e la regia di Waugh, seppur con un abuso di macchina a mano, è precisa e intrigante: insomma, è impossibile non consigliare la visione di Snitch. Ergo, non perdetevelo.