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Small Town Crime

2017
Titolo Originale:
Small Town Crime
REGIA:
Eshom Nelms, Ian Nelms
CAST:
John Hawkes (Mike Kendall)
Anthony Anderson (Teddy Banks)
Octavia Spencer (Kelly Banks)

Il nostro giudizio

Small Town Crime è un film del 2017, diretto da Eshom Nelms e Ian Nelms.

Di bad cops il cinema e la televisione ce ne hanno regalati davvero molti nel corso degli anni, soprattutto nell’appetitosa versione drugged and alcoholics. Dunque, che male può mai fare uno scapestrato poliziotto in più o in meno all’interno di una già ben pasciuta lista? Assolutamente nulla, devono aver intelligentemente (e provvidenzialmente) pensato i fratelli Eshom e Ian Nelms prima di dare alle stampe l’ottima sceneggiatura di Small Town Crime, salvo poi sedersi comodamente dietro alla macchina da presa e dirigere il tutto con una tale sicurezza, fluidità ed evidente divertimento da rivelare, forse, la non piena consapevolezza di trovarsi fra le mani uno dei prodotti più interessanti e riusciti degli ultimi tempi. Confezionato nella forma di un crime thriller di provincia, attraversato da succulente venature di camp e humor nero dai vaghi tratti lynchani, Small Town Crime vede in prima linea la rocambolesca avventura dell’ex poliziotto in disgrazia Mike Kendall (un John Hawkes in assoluto stato di grazia), cacciato dall’arma a causa di una sparatoria finita male e divenuto un ruvido alcolizzato di prim’ordine, con l’unico sostegno morale della coppia di amici Kelly (Octavia Spencer?! Si, proprio lei, Octavia Spencer!) e Teddy Banks (Anthony Anderson).

La monotona e non sempre lucida esistenza di Mike viene improvvisamente sconvolta dal rinvenimento del cadavere di una giovane ragazza, evento che lo condurrà nei meandri di un’intricata e oscura investigazione della verità, in compagnia di alcuni figuri non proprio raccomandabili, tra cui il tosto nonnetto della defunta (un sempreverde Robert Forster, ormai a proprio agio con i panni sporchi delle cittadelle di provincia alla Twin Peaks) e Mood (Clifton Collins Jr come al solito mad man), il pappone della suddetta. Che Small Town Crime non fosse un qualcosa di completamente “normale” lo si poteva intuire già dalle prime battute, quando, in un incipit da vera antologia, si ha la possibilità di assistere disgustati (ma al contempo estasiati) a un rachitico John Hawkes intento a rigurgitare l’anima, con annesso cenone di Capodanno, dopo una poco convinta sessione di sollevamento pesi, facendo presagire che qualcosa di molto laido e corrotto bolle precocemente nel ricco pentolone dei Nelms brothers. Mano a mano che i minuti scorrono e la storia si dipana incalzante sullo schermo, ecco che un nugolo ben assortito di volti alquanto noti e stagionati – su cui campeggiano una Dale Dickey in versione barista incazzata, un Don Harvey fuori di testa e un Michael Vartan con annessa faccia da schiaffi – inizia a inzuppare ogni singola inquadratura, dando vita a un puzzle alquanto destabilizzante e, a suo modo, straordinariamente coinvolgente.

Tutto viene apparecchiato al meglio per condurre al roboante epilogo, dove un potpourri di falangi, frattaglie e membra assortite saltano allegramente per aria in puro stile pulp iper-realista e filo-tarantiniano, nel mezzo di un provvidenziale “stallo alla messicana”, con un più che evidente “fuck you!” al politicamente corretto e compagnia cantante, in perfetto contraltare alle attuali discussioni in materia di armi da fuoco e stragi assortite. Ideale prosecuzione di un ipotetico ciclo sulla delirante America di frontiera, inaugurato dai fratelli Nelms nel 2013 con Lost on Purpose e proseguito nel 2015 con Waffle Street, Small Town Crime se ne frega altamente del perbenismo (cine)sociale e dei buoni sentimenti, regalandoci uno spaccato laido, corrotto e sorprendentemente accattivante di universo urbano nel quale, proprio come nell’iconico e seminale microcosmo twinpeaksiano, basta il cadavere di una giovane donna ad aprire il vaso di Pandora e a sguinzagliare i demoni dormienti che si celano dietro una patinata facciata di ottimismo da supermarket.