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Silence

2016
Titolo Originale:
Silence
REGIA:
Martin Scorsese
CAST:
Andrew Garfield (Padre Sebastião Rodrigues)
Adam Driver (Padre Francisco Garupe)
Liam Neeson (Padre Cristóvão Ferreira)

Il nostro giudizio

Silence è un film del 2017, diretto da Martin Scorsese

Un progetto inseguito dalla fine degli anni ’80, quindici anni di lavorazione. Un film sentito visceralmente e rincorso tra gli ostacoli, come L’ultima tentazione di Cristo, da un autore come Martin Scorsese la cui filmografia, da Fuori orario a The Aviator, è costellata di figure cristologiche, passioni, personaggi portatori di sofferenza e ferite. Il regista non poteva non provare forte empatia per il romanzo Silence di Shusaku Endo, in cui si riversa l’anima tormentata e il dissidio interiore di uno scrittore nipponico di fede cattolica. Nel rievocare la persecuzione religiosa del Giappone feudale dei missionari portoghesi e dei giapponesi convertiti, Scorsese ritrova figure a lui care e insegue le sue ossessioni. I martiri che non rinnegano la fede cristiana e procedono verso il loro Golgota, i Giuda. Padre Rodriguez ha il volto di Andrew Garfield con barba, prima della conversione, somigliante al nazareno dell’Ultima tentazione.

E, come prima di lui padre Ferreira, Rodriguez rappresenta Cristo che cede, per salvare il mondo, a un’ultima tentazione giapponese, non si immola, abiura e prende moglie. Nell’altra trasposizione del romanzo del 1971, del regista giapponese Masahiro Shinoda adattata dallo stesso Endo, Rodriguez si abbandonava alle gioie del sesso dopo la conversione. Cos’è il silenzio di Dio di fronte alla sofferenza umana, se non l’equivalente dell’ “Eloì, Eloì, lama sabactàni?”, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, che il Cristo in croce con il corpo di Willem Defoe urla in modo più lancinante che in qualsiasi altro film su Gesù? E lo Scorsese di Kundun rende questa frattura primigenia di Endo, tra la concezione orientale e quella cristiana, nei confronti interreligiosi tra i personaggi, dove, peraltro, gli evangelizzatori  gesuiti rivelano la loro rigidità dogmatica.

E lo Scorsese di L’età dell’innocenza confeziona un grande affresco storico e iconografico: le vedute a volo d’uccello tipiche dell’arte giapponese ma anche del cinema di Mizoguchi, da cui riprende anche suggestioni come la traversata in barca nella nebbia (da I racconti della luna pallida d’agosto) o le scene della pubblica gogna dei condannati (da Gli amanti crocifissi). Ma nella sua ultima tentazione cinematografica, Scorsese fatica a governare tanta densità concettuale e il film, pur potentissimo, non sempre è scorrevole.