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Sick

2022
REGIA:
John Hyams
CAST:
Gideon Adlon (Parker Mason)
Beth Million (Miri Woodlow)
Dylan Sprayberry (DJ Cole)

Il nostro giudizio

Sick è un film del 2022, diretto da John Hyams.

Prima o poi doveva arrivare l’horror definitivo sul Covid. Lo ha girato John Hyams, figlio del regista Peter Hyams che è uno dei grandi maestri del cinema d’azione (rivedersi A rischio della vita, su Netflix). Lo ha scritto Kevin Williamson, bollato in ogni tagline come “l’autore di Scream”, che non si sentiva da un po’ perché evidentemente non trovava il soggetto giusto. Eccolo. Lo produce Blumhouse con Miramax e lo distribuisce, infine, la piattaforma streaming Peacock. È un film che dura solo 83 minuti. Fa centro totale e riscrive le coordinate del genere cucendolo esattamente sull’oggi. Il dispositivo è semplice e rispetta le regole dello slasher. Siamo nell’aprile 2020, in piena pandemia quando gli Usa (e la maggioranza del mondo) hanno dichiarato il lockdown. Due ragazze, Parker e Miri (Gideon Adlon e Bethlehem Million), una bianca e l’altra nera, si recano nella casa sul lago per passare il periodo di quarantena. Mentre un anonimo invia a Parker messaggi enigmatici, le due trascorrono il tempo più o meno cazzeggiando, bevendo, giocando e guardando le ultime notizie in Tv, in cui domina il virologo Anthony Fauci, aspettando che passi la nottata.

Presto le raggiunge non invitato DJ (Dylan Sprayberry), un giovane che ha una mezza tresca con Parker e si imbuca per risolvere la situazione. Inutile dire che i messaggi diventano sempre più insistenti e i ragazzi subiscono l’irruzione di un uomo mascherato, nel senso che indossa una mascherina nera, rispetta il dettato sanitario anche per uccidere. Inizia così una vorticosa home invasion e l’obiettivo è non farsi ammazzare. Ma c’è una premessa: Sick si apre infatti con una sorta di teaser pre-titolo ambientato in un supermarket al tempo della pandemia, con il giovane Tyler (Joel Courtney) che sta facendo la spesa tra scaffali semivuoti e ultime confezioni rimaste. Quando in fila alla cassa c’è un colpo di tosse, tutti si girano verso la poveretta che potrebbe essere un’untrice. Poi il ragazzo riceve messaggi, viene aggredito in casa e ammazzato. Probabilmente nel genere non si era ancora mai visto un incipit così contemporaneo, dritto sul pezzo, esattamente in tempo.  Non si deve svelare troppo, perché anche i colpi di scena e le svolte narrative di Sick costruiscono la sua grandezza. Però si può dire che il Covid horror muove un passo fondamentale per un motivo: il film non si limita a usare la pandemia come sfondo, a raccontare una storia nel tempo del virus, ma tematizza il virus stesso, lo ingloba dentro il flusso, ossia prende le caratteristiche del Covid e le rende elementi di genere. Si pensi alla mascherina: c’è un continuo invito a indossarla correttamente, senza è troppo pericoloso, e proprio la mascherina diventa la nuova maschera del killer.

D’altronde in inglese entrambe si dicono mask: la mascherina anti-Covid diviene la nuova ghostface nella nostra apocalisse. Se allora era “il povero nero che muore per primo”, adesso chi ha il tampone positivo fa una brutta fine. E non è l’unico segno dello spirito del tempo: ci sono le feste clandestine, quelle svolte nel lockdown, e le storie su Instagram che possono sempre tradire, perché oggi ogni rivelazione passa da un videosecondo sui social. Più in generale, è lecito leggere l’intero congegno come metafora del Covid: ci sono tre persone chiuse in casa, un pericolo esterno prova ad entrare, loro tentano di resistere attraversano spray e tamponi, ma quando una particella infettiva sembra sconfitta ne arriva subito un’altra, perché il male può sempre colpire. Nel 1968 La notte dei morti viventi di Romero veniva inteso, a scelta, come metafora del razzismo, delle armi o della guerra negli Stati Uniti; cinquantacinque anni dopo Sick con i suoi mostri che fanno irruzione disegna la quintessenza dell’epoca Covid, il distillato ultimo. Nel dettaglio tecnico, Williamson è sempre in grado di coniugare genere e ironia, vedi il già citato refrain sull’uso della mascherina, mentre alla regia John Hyams si esalta: lo slasher è mirabilmente coreografato, con le ragazze che scappano sopra, sotto e fuori dalla casa seguite da carrelli e piani sequenza. L’action senza tregua di Peter Hyams rivive nella meccanica della suspense del figlio John. Il miracolo si compie. Un horror che trova nel Covid la sostanza, la ragione di essere, che sarà importante nel genere domani.