Featured Image

Servant 3

2021
REGIA:
Julia Ducournau, Night Shyamalan, Lisa Brühlmann
CAST:
Toby Kebbell (Sean Turner)
Lauren Ambrose (Dorothy Turner)
Nell Tiger Free (Leanne Grayson)

Il nostro giudizio

Servant 3 è una serie tv del 2021, creata da Tony Basgallop.

Venerdì 25 marzo Apple+ tv ha distribuito l’ultimo episodio della terza stagione di Servant, la serie tv diretta da M. Night Shyamalan, ideata da Tony Basgallop e interpretata da Lauren Ambrose, Nell Tiger Free, Toby Kebbell, Ruper Grint. L’ultimo episodio della seconda stagione ci aveva lasciato pervasi dalla sensazione che la terza avrebbe costituito il terreno di scontro fra le forze del bene e quelle del male, ma che, probabilmente, non sarebbe stato chiaro chi o cosa avrebbe rappresentato le une e le altre. Ci eravamo sbagliati: la grande, vera battaglia, non si è compiuta e il volto delle forze oscure è ancora ignoto. Servant è un thriller psicologico che, istigando le viscere degli appassionati del genere, ha finalmente raggiunto il suo acme. In questo terzo atto, tuttavia, i toni si sono fatti più leggeri, grazie ad un’insana comicità tragica, talvolta allarmante. Non manca, inoltre, un pizzico di ironia legata al morboso circuito composto dalla setta dei genitori di figli borghesi, iper-impegnati nelle loro gare tra feste, compleanni, sedute di yoga con marsupi-bimbo-contenitore e altre cose raccapriccianti che non staremo qui ad elencare per rispetto dei lettori più sensibili. Gli interpreti, più convincenti che mai, continuano a poter contare sul supporto di un’abile cinepresa e di battute ben scritte; ciò fa si che, in modo stranamente comprensibile, la serie funzioni.

Nello specifico questa stagione è raccontata con il supporto di una lente di ingrandimento fissa sull’emotività dei quattro personaggi che, per quanto allo sbaraglio, non cercano ansiosamente un autore, hanno autonomamente, forse non del tutto consapevoli dei rischi, scelto cosa fare e chi vogliono essere: hanno optato per un patto col diavolo, ignorandone possibili faustiane ripercussioni, sentendosi al riparo in una bolla edificata sul fragile e velleitario sogno di una vita ordinaria. Ma la reale ordinarietà che ignorano di vivere è quella che chi osserva scopre mediante una narrazione claustrofobica che in modo ossessivo segue manie e psicosi con un focus sui personaggi di Dorothy e Leanne, accanto alle quali, senza razionalizzarlo immediatamente, scrutiamo un ulteriore protagonista: la Casa che abitano, in cui tutto è iniziato, dove tutto è accaduto e continua ad accadere; mentre Gerico, è una nota a piè di pagina nell’edificazione di ogni scena: lo vediamo a stento, nessuno si relaziona realmente con lui e raramente cogliamo il suo volto; differentemente della loro Casa vediamo tutto, sappiamo ciò che nasconde, i dettagli di ogni anfratto, ciò che si cela negli angoli bui, dietro le pareti e nelle zone d’ombra ne cogliamo la sua oscura chiarezza. È il luogo dove Dorothy e Scean hanno intenzione di crescere Gerico, dove sono certi di essere al sicuro. Chi racconta la storia lo fa seguendo due itinerari paralleli: quello dell’escalation della paranoia che attanaglia tutti gli attori in campo e quello della Casa che sembra marcire insieme con le loro anime.

E allora, i fatti? Non ci sono. Shyamalan lascia che chi ascolta la storia assista ad un inesorabile e opprimente cammino verso la paranoia. Ma dove l’abbiamo già sentita la storia di un’anima corrotta che imputridiva insieme con un quadro nascosto in una soffitta? Questa volta però il quadro è fatto di cornici marcie, pareti insicure e ringhiere divorate dalle termiti che preannunciano i segnali di una catastrofe. Comico, tragico e surreale è l’amalgama che si condensa in questi ultimi dieci episodi. Si tratta di un’impervia escursione nei meandri asfissianti di manie e ossessioni. Ogni cosa è cambiata, ma nulla è stato rivoluzionato davvero. La quarta stagione è stata confermata e sarà l’ultima. I fari da accendere su enigmi, dubbi e nodi sono ancora tanti, ma ciò che fa ben sperare è il fatto che Shyamalan abbia ammesso di aver sempre saputo in che modo concludere lo show. Quello che possiamo fare noi è offrirgli la fiducia che il suo genio è riuscito a guadagnarsi negli ultimi decenni, accavallare le gambe, far sprofondare i gomiti nei braccioli della nostra poltrona preferita, congiungere le mani sotto il mento e attendere, ansiosamente; perché Servant è una serie tv che richiede sforzo e impegno, ma che continua a confermarsi macabramente irresistibile.