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Sense8 – Stagione 1

2015
Titolo Originale:
Sense8
CAST:
Brian J. Smith (Will)
Tuppence Middleton (Riley)
Jamie Clayton (Nomi)

Il nostro giudizio

Sense8 è una serie tv del 2015, ideata da Lana e Andy Wachowski, J. Michael Straczynski.

Svegliatevi, dormienti. Il 5 giugno 2015 su Netflix è arrivata Sense8, in 12 episodi per lo streaming, e le regole del gioco sono saltate. Naturale che fosse così, Sense8 è la serie scritta e in massima parte diretta da Andy e Lana Wachowski, ideata a sei mani con J. Straczynski che l’ha anche prodotta. A scanso di equivoci sulla paternità, il dna della creatura è al 100% di Andy e di Lana, già sulla progettazione appena dopo aver ultimato Cloud Atlas, e la firma che appara sui titoli, “The Wachowskis”, non “Wachowski Bros.” oppure “Andy & Lana Wachowski”, parla di famiglia allargata invece che di individui al lavoro, con il prezioso contributo perveniente dalla Wachowski Factory, dal summenzionato Straczynski  ai coregisti. Sense8 arriverà in Italia ad ottobre, il titolo fortunatamente non sarà tradotto: ove dovesse risultare troppo criptico, proporremmo il sottotesto ”Love and (Gay) Pride”, oppure il letterario “8 personaggi in cerca d’ammore”.  È infatti la storia di 8 individui di 8 parti del mondo, che sono monadi ma anche di più: ciascuno di essi è un noi, una prima persona plurale così determinata, o rinata, da una madre atipica, Daryl Hannah, in una chiesa sconsacrata, circondata da presenze reali o mentali, che origina la connessione neurale tra essi prima di togliersi la vita.

Ognuno vive la sua storia personale, ognuno è latore di amore corrisposto oppure semplicemente ricercato, eppure capita che la loro visione si sovrapponga o si sostituisca, l’uno si trova d’improvviso nei panni dell’altro, costretto ad agire in circostanze traumatiche su traiettorie violente, simili nella sostanza ma dissimili nella forma. L’idea dietro Sense8 è una visione differente su  come la vita imponga scelte e azioni che prescindono dalle specifiche, essendo imputabili alla nozione collettiva dell’essere umani. Umanesimo. Come già incompiutamente in Cloud Atlas – gravato da troppo Tom Hanks – e poi più rifinitamente in Jupiter Ascending, la cifra stilistica dei Wachowski con Lana al posto di Larry è l’umanesimo. Inno all’orgoglio, alla lotta al pregiudizio, alla libertà attraverso la autocoscienza: lo stesso titolo gioca sull’assonanza con “Sensate” che significa consapevolezza. Siccome parliamo di registi con una colossale idea di cinema, la serie è strumento per ridefinire l’intera gamma dei generi cinematografici.

Lo sci-fì melò è il filo conduttore di Sense8, la varietà di personaggi permette incursioni nel mistery, nell’action, nel poliziesco, nell’horror, nella commedia, ma l’aspetto rivoluzionario è che la narrazione non procede per compartimenti stagni: è tutto intrecciato, tutto connesso, ci si ritrova a ridere come in una sit-com e subito dopo a ballare come dentro un film di Bollywood, a sfilare al Gay Pride («We march with Pride!»,  uno degli slogan di Sense8) o a sbucciarsi le nocche in un combattimento di mixed martial arts. L’unità attraverso la molteplicità, come in un manifesto di teoria del cinema, solo che siamo in tv, quindi il risultato va raggiunto con dialoghi fulminanti, spesso così scarni da risultare stilizzati, e con inquadrature stracariche di elementi significanti (Andy e Lana hanno affermato che, per 12 episodi consegnati, almeno il doppio sono stati realizzati e poi abortiti). Ci troviamo di fronte alla migliore serie del 2015, con un singolo appunto: la lingua parlata dai protagonisti, siano essi di Nairobi, Seul o Mumbay, è sempre l’inglese, pur declinato nei diversi accenti; avremmo preferito suoni più realistici, ma questo è un grande affresco pop e, in fondo, va benissimo così.