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Sei donne per l’assassino

1964
Titolo Originale:
Sei donne per l'assassino
REGIA:
Mario Bava
CAST:
Thomas Reiner (ispettore Silvestri)
Eva Bartok (contessa Cristiana Cuomo)
Cameron Mitchell (Massimo Morlacchi)

Il nostro giudizio

Sei donne per l’assassino è un film del 1964, diretto da Mario Bava.

Se si inizia con la poesia degli oggetti, non è difficile finire con la reificazione dei corpi: già la similitudine iniziale, in cui a ogni attore corrisponde un manichino, evidenzia questo equilibrio tecnico-patologico che fonda definitivamente il thriller all’italiana. Trattandosi di un film che codifica un genere, Sei donne per l’assassino oggi sembra in gran parte “già visto”: dall’abito dell’omicida, alla serialità variata degli ammazzamenti, tutto o quasi ciò che nel 1964 era ancora aurorale e inaudito è stato assorbito e perfettamente inglobato dai registi successivi. E allora, piuttosto che celebrare ancora la ferocia profetica di alcune sequenze, è meglio interrogarsi su come Mario Bava sia giunto alla produzione del capofila d’una intera branca cinematografica.

Per rispondere, occorre fissare l’attenzione sugli oggetti che percorrono il film: la bustina di cocaina di cui l’antiquario è alla continua ed affannosa ricerca, la pastiglia che consente all’epilettico di evitare le crisi, la borsa in cui è contenuto il diario (l’oggetto più importante per l’economia dello spostamento dei personaggi e per i rischi che essi non esitano a correre pur di possederlo e poi distruggerlo), il taccuino dell’assassino – che indica allo spettatore quale sia il colpevole e dunque, nella prospettiva del fruitore medio, distrugge l’interesse verso il film – e infine il cofanetto che svela il tradimento di uno dei componenti della coppia diabolica all’altro. Questi oggetti creano la base indispensabile per un abbassamento, una disumanizzazione degli individui che più da vicino ricordano i manichini: le indossatrici; torturarle e ucciderle restituisce un patologico equilibrio che rende Sei donne per l’assassino adeguata rappresentazione simbolica dello scambio fra essere umano e oggetto che conosce la realtà di un vero assassino.

Gli oggetti, poi, vanno consumati per essere goduti e quindi le donne uccise, sempre per ragioni d’equilibrio patologico, devono essere ancora godute dopo la loro distruzione, la loro morte: il cadavere di Isabella, trascinato via, mostra allo spettatore le gambe fino al severo reggicalze; Tao-Li è affogata mezza nuda; il corpo di Peggy viene trasportato da un luogo all’altro e quindi letteralmente rubato. Il risultato degli oggetti e dei morti che diventano vivi d’una vita artificiale getta una luce priva di significato antropocentrico sull’universo di Bava: e allora, il barocchismo caotico decora lo zero.