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Seed 2

2014
Titolo Originale:
Seed 2
REGIA:
Marcel Walz
CAST:
Natalie Scheetz (Christine)
Christa Campbell (Olivia)
Caroline Williams (Madre)

Il nostro giudizio

Seed 2 è un film del 2014, diretto da Marcel Walz

Seguito delle macabre malefatte di Max Seed: assassino seriale, con un nuovo regista alla guida, e risultati – ancorché lontani dal capolavoro – decisamente lusinghieri. Fregandosene altamente della vicenda originale – del quale sopravvive solo l’assunto di base che si riallaccia direttamente all’epilogo dell’episodio precedente – il regista Marcel Walz (autore di Blood Feast, 2016, “remake” del celeberrimo “cult” di Hershell Gordon Lewis) mette insieme in Seed 2 una vicenda di scarsissimo rigore logico – sicuramente non più di quella ideata da Uwe Boll – ma abilmente centrata sui principi dello “slasher-movie” (o dello “psycho-on-the-loose”), in cui la figura di Seed viene trasformata da gelido agente della morte in predatore sessuale afflitto da manie religiose, con una famiglia ugualmente affetta da gravi turbe psichiche. Obiettivo della combriccola sono un gruppo di ragazzine in gita a Las Vegas per l’addio al nubilato di una di loro – Christine –, assalite nel cuore del deserto circostante. Alle giovani è riservato un trattamento brutale e sadico, teso a inculcare loro una distortissima morale biblica, ma le sorprese sono dietro l’angolo in un ultimo atto che non manca di pessimistico sarcasmo e di “punch” in un sistematico azzeramento del cast; e che comprende un sottofinale davvero niente male.

Se il narrato, di per sé, ha scarsa importanza, a sostenere Seed 2 è l’efficacia degli effetti speciali – opera della coppia Megan e Ryan Nicholson (il recente Blair Witch, 2016 di Adam Wingard) – e una riuscita atmosfera di follia e violenza, venata da un’ironia scurissima, che Welz dispiega a piene mani e con entusiasmo, affidandosi soprattutto all’ottimo e complesso montaggio alternato di Michael Gilmore, che abilmente smembra la linearità di una trama ben poco attraente per ingenerare interesse attraverso continui balzi temporali tra prima, durante e dopo l’arco delle 24/36 ore in cui si dispiega la vicenda. Nick Principe sostituisce William Sanderson dando vita a un nuovo Max Seed, meno inquietante ma più viscerale, confermandosi (dopo aver incarnato ChromeSkull nel dittico Laid to Rest di Robert Hall) come una delle migliori presenze nel genere, grazie tanto al suo “phisique-du-role” quanto all’aura di gelida e inarrestabile efficacia che traspare dalla sua mimica.

Per quel che riguarda il resto del cast, le ragazze sono più funzionali sotto l’aspetto fisico che per quanto concerne la recitazione – non che vengano loro richiesti sforzi shakespeariani – in ogni caso, sia Nathalie Scheetz che Annika Strauss reggono con abilità la loro parte, mentre la cantante Manoush (Necronos, 2010 di Marc Rohnstock), di origini rom, ha il perfetto aspetto fisico per interpretare il ruolo della compagna di Seed. La “location” desertica – che rimanda ai craveniani Hills Have Eyes – e l’ombra di un fosco pessimismo, che si cela dietro al caustico sogghigno, sono altri piccoli “bonus” che contribuiscono a rendere questo “sequel” migliore dell’originale di Uwe Boll (che qui si limita a produrre), pur senza toccare i vertici di un sottogenere oramai reso alquanto logoro dall’eccesso di sfruttamento.