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Sangue misto

2017
Titolo Originale:
Sangue misto
REGIA:
Isabella Noseda, Raffaele Picchio, Paolo Del Fiol, Davide Scovazzo, Lorenzo Lepori, Edo Tagliavini, Chiara Natalini
CAST:
Mexi Marzolla
Sidy Diop
Désirée Giorgetti

Il nostro giudizio

Sangue misto è un film del 2017, diretto da AA.VV.

Sette registi, sette città, sette gruppi etnici: questa è l’idea alla base dell’horror a episodi Sangue misto (2017), uno tra i progetti più folli, coraggiosi e sanguinari del panorama indi italiano contemporaneo. Senza moralismi o velleità sociologiche (i “cattivi” sono talvolta gli stranieri e talvolta gli italiani), i registi raccontano ciascuno una storia del brivido ambientata in una comunità straniera all’interno di una città. Ideato da Davide Scovazzo, l’omnibus coinvolge lo stesso insieme a registi navigati nel lungometraggio e altri specializzati in corti e medi, in quello che è il primo horror italiano a carattere multietnico, con l’impiego di attori italiani e stranieri. Dopo alcuni filmati tragicamente veri in stile shockumentary, Scovazzo dispone gli episodi in modo da alternare i differenti stili e le modalità narrative. La video-artista e performer Isabella Noseda ambienta Grandma’s remedy in una Torino mai così oscura, all’interno di una comunità africana, con protagoniste una bambina e sua nonna. Dopo la morte dell’anziana, la piccola viene affidata a una coppia di italiani che la abusano: tramite le pratiche vudù apprese dalla nonna, mette in atto la sua vendetta. È forse l’episodio più inquietante: dalle inquadrature sui minacciosi monumenti, alle minuziose scenografie con bambole e strumenti magici avvolti da una fotografia suggestiva, fino alla comparsa nel buio di un Baron Samedi in versione Boogeyman (Sidy Diop della serie-tv Gomorra), passando anche attraverso il Male più immanente della crudeltà umana.

dentro 1

Raffaele Picchio dirige l’episodio più violento e disturbante, Sakrifice, ritornando allo stile d’exploitation che lo ha reso celebre con Morituris, dopo l’incursione nell’horror psicologico di The Blind King. In una Roma sporca come le inquadrature da Vhs che introducono la storia, una ragazza disperata (la sempre bravissima Désirée Giorgetti) si offre come vittima sacrificale a un gruppo di albanesi che girano snuff-movie, in cambio di soldi per mantenere la sua bambina. Fra luridi scantinati, strumenti di tortura e figuri con maschere demoniache, ci troviamo immersi in un disagio e nichilismo assoluti, quasi sentendo la “puzza” di ciò che vediamo. Come in Morituris, la Giorgetti è sottoposta a penetrazione con fallo uncinato, pestaggi con martelli e squartamenti. E quando nel finale il “sacrificio” va nella direzione opposta (una tossica offre la figlia come vittima), lo spettatore è messo talmente a dura prova da sperare che l’episodio finisca presto. Immancabili le musiche black-metal.

dentro 2

Profondo conoscitore della cultura giapponese, Paolo Del Fiol dirige Mochi nella comunità nipponica di Milano. Al centro di tutto c’è un misterioso ristorante dove un direttore d’orchestra conosce una ragazza (Francesca Fiume, vista in due film di Carlo Verdone) e scopre a sue spese che la famiglia nasconde un mostruoso segreto. “Mostruoso” è la parola più adatta, visto che Mochi è un monster-movie in piena regola, uno tra gli episodi con il più alto tasso di effetti gore e splatter, oltre all’impressionante make-up della ragazza durante la trasformazione. Del Fiol non si fa mancare nulla, tra carni strappate, occhi deorbitati, pasti umani, larve impiantate nel corpo e commistioni tra sangue e cibo che sono alla base della vicenda. Suggestiva la contrapposizione tra le inquadrature milanesi sulle note della Casta Diva di Puccini e gli interni nel ristorante e abitazione giapponese.

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L’ideatore Scovazzo, con Rigorosamente dissanguati da vivi, prosegue la sua esplorazione nichilista del mondo, tipica dei suoi corti, con uno stile inconfondibile, incentrato su ambienti squallidi e personaggi grotteschi. Questa volta tocca alla comunità araba di Genova, città ripresa nei suoi angoli più degradati dove, fra tossici e locali notturni, la protagonista incappa in un kebabbaro molto particolare. I gestori rapiscono gli sfortunati clienti, li squartano e mettono la loro carne nei kebab: la stessa sorte capita alla ragazza, che viene violentata, appesa a un gancio e torturata fino alla morte. Scovazzo punta molto sugli effetti gore e splatter nella squallida macelleria – memorabile soprattutto il seno strappato alla protagonista con una sega elettrica. Cammeo di Johnson Righeira nei panni di una vittima.

dentro 5

Fra i registi più estremi e weird dell’indi italiano (Resurrection in blood, Catacomba), Lorenzo Lepori racconta in Gu di una maledizione cinese in quel di Pistoia. Dopo una rapina in cui una donna cinese e la sua bimba rimangono uccise da tre malviventi, lo zio della ragazza compie un rito diabolico sul marito e padre italiano delle vittime per ottenere vendetta, trasformandolo in una creatura demoniaca. Concettualmente è notevole, come in Mochi, la contrapposizione fra le due culture diverse – l’orientale che diffida dell’occidentale, ritenendolo responsabile della sventura. Visivamente, Lepori mescola il suo tipico stile pulp con le terrificanti storie di spettri e maledizioni orientali – lo zio cinese in versione fantasma, il rito immerso in un’atmosfera esoterica, la trasformazione in un’orribile demone affamato di carne e sangue umano.

dentro 4

Dopo l’ottimo lungometraggio Bloodline, era invece lecito aspettarsi qualcosa di più da Edo Tagliavini, che ambienta il suo episodio MP3 nella comunità pakistana di Ferrara. Un tossico investe un ragazzo pakistano con l’auto e, dopo averne constatato la morte, gli sottrae lo strumento del titolo e fugge: ma il fantasma della vittima, forse attraverso la musica, torna a perseguitarlo. Uno spunto interessante, un po’ da ghost-story classica e un po’ alla It follows (inquietanti le apparizioni del persecutore), che rende comunque buono l’episodio. Peccato per lo stile che pare “frettoloso”, una fotografia troppo neutra con luci al naturale e un legame un po’ debole con la comunità etnica rispetto agli altri episodi – è meno sostanziosa la descrizione della comunità straniera e l’incontro/scontro con l’italiano.

dentro 6

Chiude l’omnibus Veneranda di Chiara Natalini. La semi-esordiente regista dimostra di avere un buon potenziale, nonostante la fotografia un po’ altalenante fra una scena e l’altra. A Viareggio, tre amici che festeggiano l’addio al celibato di uno di loro, caricano a bordo dell’auto la splendida transessuale brasiliana Veneranda, che li conduce nel suo appartamento. Durante una fellatio, la trans carioca si trasforma però in una mostruosa creatura assetata di sangue – una sorta di vampiro – che fa strage dei tre ragazzi. Ambientato interamente di notte, è caratterizzato da un’atmosfera squisitamente dark e underground, con creature misteriose e ambienti grotteschi che lo avvicinano all’episodio di Scovazzo. “Mista” è anche la colonna sonora, tra brani horror d’atmosfera e pezzi di musiche etniche delle rispettive comunità.

dentro 7