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Sam Was Here

2017
Titolo Originale:
Sam Was Here
REGIA:
Christophe Deroo
CAST:
Rusty Joiner (Sam)
Sigrid La Chapelle (Eddy)
Rhoda Pell (Rebecca Saxton)

Il nostro giudizio

Sam Was Here è un film del 2016, diretto da Christophe Deroo

Sinceramente le speranze non erano molte, ma grazie a qualche provvidenziale congiunzione astrale, finalmente è accaduto. Il parto è stato difficile, doloroso e ha richiesto del tempo, ma alla fine ecco che dal 34° TFF ha visto la luce un inaspettato caso cinematografico destinato quantomeno a far parlare a lungo di sé e del proprio autore. Sam Was Here (distribuito anche come Nemesis) approda nel magmatico universo di genere come un corpo estraneo e a dir poco multiforme, un malsano e onirico road movie kafkiano di appena settanta minuti solo vagamente assimilabile a un horror/thriller ambientato in un metafisico non-luogo a metà strada fra l’oscura Hobb’s End di Il seme della follia e la diabolica Desperation kinghiana. Sperduto nel bel mezzo del desolato deserto californiano del Mojave, il venditore porta a porta Sam (Rusty Joiner) tenta, senza alcun successo, di contattare telefonicamente il proprio capo e la moglie, rendendosi conto ben presto di essere totalmente abbandonato a sé stesso nel centro di una città fantasma. Mentre strani fenomeni luminosi incominciano ad apparire a intermittenza nel cielo, Sam inizia a ricevere sul proprio cercapersone degli inquietanti messaggi minatori che lo accusano di essere il serial killer pedofilo di cui lo speaker radiofonico Eddy (Sigrid La Chapelle) continua a dare notizia, costringendolo a una disperata fuga nel mezzo del nulla braccato da sinistri individui mascherati.

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Con una tale quantità di carne al fuoco compressa in un così contenuto lasso di tempo, il rischio di fallimento era più che mai in agguato dietro l’angolo (in particolare trattandosi di un’opera prima). Ma ecco che il buon vecchio Christophe Deroo – dotato dop e promettente cineasta già avvezzo ai terreni del perturbante grazie ad alcuni ottimi corti come Skom (2012) e Polaris (2013) – riesce nel miracoloso tentativo di confezionare con lucida coerenza e mano saldissima un piccolo e suggestivo gioiellino visionario che pare a tutti gli effetti una puntata di Twilight Zone nella quale le putrescenti atmosfere della lurida America di frontiera di Rob Zombie e Tobe Hooper si coagulano con le visioni (fanta)scientifiche di John Carpenter, il tutto mentre in filigrana il surrealismo lynchiano domina incontrastato. Il povero Sam, costretto a vagare in un limbo straniante e (ultra)terreno con la sola compagnia del gigantesco orso di peluche destinato al compleanno della figlioletta, si presenta come un’entità spaurita e imprigionata, suo malgrado, in un universo al di fuori del comune livello di realtà, un paradossale purgatorio infernale incastonato in un assolato 1998 ancora in gran parte dominato dal fascino materico e inquietante di un analogico pre-mobile.

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La negazione del volto dell’altro attraverso l’uso delle maschere degli aguzzini e la figura del DJ perennemente di spalle – che ricorda molto vividamente il malefico Dottore dello Shadow di Zampaglione – fanno più volte intendere come l’epopea vissuta da Sam avvenga per lo più nella forma di un viaggio introspettivo in lotta con i fantasmi del proprio vissuto, il tutto accompagnato dalle vibranti note di una colonna sonora squisitamente anni ’80 e da un velato richiamo alle suggestioni dell’Aldilà di Fulci. Forte della volontà di non rivelare mai fino in fondo il significato ultimo degli inesplicabili eventi che si dipanano in ciascuna inquadratura, Sam Was Here rappresenta appieno quel tipo di opera prima che ci piace ancora gustare: solida, onesta, non certo perfetta ma in grado di crescere e fortificarsi col passare del tempo.