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Ritrova te stesso

2020
Titolo Originale:
Black Box
REGIA:
Emmanuel Osei-Kuffour
CAST:
Mamoudou Athie (Nolan Wright)
Phylicia Rashad (Dr. Lilian Brooks)
Amanda Christine (Ava Wright)

Il nostro giudizio

Ritrova te stesso è un film del 2020, diretto da Emmanuel Osei-Kuffour.

La vita è spesso una corsa sulle montagne russe e non si sa mai cosa può capitare in ogni momento. Per dirla con il Bilbo Baggins di Ian Holm, “è pericoloso uscire dalla porta, ti metti in strada, e se non dirigi bene i piedi non si sa dove puoi finire spazzato via”. È così che Nolan (Mamoudou Athie) vede cambiare la sua vita, in un attimo, con un incidente che gli porta via la moglie e la memoria. Solo, deve crescere la figlia Ava, ma qualcosa non va: violenza, forti dimenticanze e lo spettro dei servizi sociali che potrebbero portare via la bambina. Per rimettere in sesto la sua vita, Nolan accetta un consiglio e si rivolge alla Dottoressa Lillian (Phylicia Rashad), che tramite un futuristico macchinario tenta di recuperare la sua memoria. Questa è la trama di Black Box, titolo anglofono di Ritrova te stesso, uno dei film nati dalla collaborazione tra Jason Blum e Amazon Prime video, nell’ambito dell’atteso progetto “Welcome to the Blumhouse”. La casa di produzione statunitense si avvale della piattaforma streaming per portare il suo horror sia agli appassionati che al pubblico generalista.

E indubbiamente il film diretto da Emmanuel Osei-Kuffour, che esordisce nel lungometraggio proprio con quest’opera, è un horror tipico di casa Blum, sebbene si privi di jump-scare e violenza efferata, puntando maggiormente sulle atmosfere distopiche alla Black Mirror. Il macchinario che dà il titolo al film è infatti emblema di quelle tecnologie moderne che da una parte possono aiutare e facilitare la vita, ma dall’altra trasmettono sempre e comunque un’inquietudine che induce al sospetto e a volte al rifiuto. Tutto parte naturalmente da questo, dalle sedute a cui Nolan si sottopone e al risveglio di qualcos’altro nella sua memoria, oltre ai ricordi, qualcosa di mostruoso. Ecco che la tecnologia diviene effettivamente arma a doppio taglio e questa è la premessa migliore che Ritrova te stesso porta allo spettatore. Purtroppo però, come ogni altro spunto interessante, non viene sviscerata a dovere, mutilando tutta l’operazione, già indebolita da un colpo di scena finale che i più smaliziati intuiscono troppo presto.

Non che questo sia il vero problema, tutt’altro, ma se la regia di Osei-Kuffour è decisa, sicura, dall’approccio stilistico personale e capace anche di sequenze davvero molto efficaci, è altrettanto vero che la sceneggiatura non è in grado di tenere il passo, perdendosi per strada, forzando e al tempo stesso solo abbozzando le caratterizzazioni, senza mai essere incisiva. Peccato maggiore, forse, è quello di non riuscire a trasformare le premesse citate poco sopra in una vera e forte critica, un approfondimento anche psicologico, limitandosi a utilizzarle come semplice escamotage. Intendiamoci, non è necessario ricercare a tutti i costi la critica sociale o similare, ma l’impressione è quella di aver avuto su di un piatto d’argento la possibilità di colpire, di averla costruita, per poi lasciarla sfumare in un laconico bluff. Considerando alcune similitudini con quella bomba di Get Out, sempre Blumhouse, viene un po’ spontaneo storcere il naso. Al netto di tutto ciò, Ritrova te stesso resta un prodotto onesto e ben diretto, ma che paga pegno di uno script prevedibile e certamente non ispirato, dove l’approccio da thriller psicologico avrebbe potuto anche funzionare. Il condizionale ci ha fregato ancora una volta.