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Resvrgis

2023
Titolo Originale:
Resvrgis
REGIA:
Francesco Carnesecchi
CAST:
Sara (Ludovica Martino)
Gaia (Blu Yoshimi)
Geppi (Thomas Santu)

Il nostro giudizio

Resvrgis è un film del 2023, diretto da Francesco Carnesecchi.

L’incipit di Resvrgis è un vero e proprio archetipo di genere: l’incidente stradale. Il film di Francesco Carnesecchi, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma nella sezione Alice nella città, e poi in sala nel 2024, sceglie questo principio. Sara (Ludovica Martino) sta girando in macchina con le sue amiche, tra cui una coppia lesbo, dopo una serata hard in cui sono evidentemente strafatte, tra alcool e cocaina, il disastro è dietro l’angolo. E puntualmente avviene. Ellissi. Qualche anno dopo, Sara ha provato a riabilitarsi ma ha archiviato la vita sociale, vivendo di fatto solo in casa. A muovere le acque sarà l’amica Gaia (Blu Yoshimi), la quale insieme al fidanzato Geppi (Thomas Santu) e il fratello Rino (Daniele Mariani) ha organizzato una battuta di caccia al cinghiale. I due si recano a prelevare la traumatizzata Sara e hanno una “sorpresa”: alla compagnia si unisce Miri (Beatrice Fiorentini), che è proprio la ragazza lesbica in auto con Sara la notte della tragedia, in cui perse la vita la fidanzata di allora. Si presenta con la nuova amante, ma questo non evita la resa dei conti psicanalitica con Sara a cui viene implicitamente imputato l’incidente.

Tutto costoro si recano nel bosco, anzi nei boschi, perché il film è girato nell’area dei Monti Simbruini, al confine tra Lazio e Abruzzo, e in particolare nelle selve di Manziana e di Foglino. Ed ecco la prima peculiarità del film: seppure sia ambientato in un luogo fortemente caratterizzato, spesso dimenticato dal cinema, lo sfondo si “apre” e acquista dimensione universale. In altre parole il regista è molto abile a sfruttare gli spazi della zona trasformandoli in topos, adatti a ogni tempo e luogo, che valgono per il Lazio così come per il mercato internazionale. Lo fa rendendo la necessità una virtù, ossia superando i limiti del budget ridotto attraverso il ricorso a intelligenti trucchi di genere, come l’oscurità e la nebbia, le dissolvenze e gli omissis visivi che costruiscono una percezione incerta (cosa stiamo vedendo davvero?) e così rendono la situazione ancora più inquietante. I ragazzi infatti, pensando di godersi la caccia al cinghiale seppure nei rispettivi contrasti, invece si imbattono in una creatura, un mostro, un essere spaventoso che sorge a seguito della profanazione di una maschera tribale, da parte di Miri, il classico oggetto di culto che non doveva essere toccato. Arriva “egli” a difenderlo, inseguendo senza pietà gli invasori.

Arriviamo al secondo punto, che sarebbe poi il mostro. Qui sta una delle frecce del film: Carnesecchi affida il concepimento dell’essere all’effettista Leonardo Cruciano, che lo realizza interamente in animatronica in pieno stile anni Ottanta, respingendo il solito effettaccio digitale oggi di moda. D’altronde l’Italia è stata una grande scuola di artigianato dell’orrore, non serve certo citare Giannetto De Rossi, e la rievocazione di quella prassi fa un certo piacere… Risultato? La creatura è appunto una creatura, un’immagine credibile e paurosa, e non un pasticcio esagerato e sovraccarico. Naturalmente tutto ciò per i giovani significa qualcosa, nell’arco del percorso che non sveliamo e che culmina in un finale il quale – ancora una volta – dimostra una profonda consapevolezza di genere, soprattutto quando si arrende al lato oscuro. Concorrono al risultato le interpretazioni a partire, inevitabilmente, dalla protagonista, la rossa Ludovica Martino che sorregge a dovere l’intero scenario. Alla fine si invera la traccia del titolo, Resvrgis, dal verbo latino resurgere, indicativo presente, seconda persona singolare: tu risorgi. Per una volta, tra l’altro, viene rispettata la filologia originaria con la V come antenata della U. E la resurrezione interiore avviene, proprio nel periodo di Pasqua, tingendosi di sangue. Resvrgis è insomma un folk horror girato nel Lazio, potente e spaventoso, in grado di proporre l’ipotesi di una mitologia nostrana che non sfigura davanti alle cinematografie più ricche e blasonate. Non possiamo che accoglierlo con favore.