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Regression

2015
Titolo Originale:
Regression
REGIA:
Alejandro Amenábar
CAST:
Ethan Hawke (Bruce Kenner)
Emma Watson (Angela Gray)
David Thewlis (Professor Kenneth Raines)

Il nostro giudizio

Regression è un film del 2015, diretto da Alejandro Amenábar.

In una città del Minnesota spazzata dalla pioggia, l’investigatore Bruce Kenner (Ethan Hawke) si imbatte in un caso di violenza familiare: la diciassettenne Angela Gray (Emma Watson) si rifugia in una chiesa e consegna al prete una lettera, in cui racconta di essere stata violentata dal padre John (David Dencik), meccanico distrutto dalla morte della moglie e dedito all’alcol. John si consegna subito alla polizia dichiarandosi colpevole, ma confessa anche di non ricordare nulla. Consultato uno psicologo, egli consiglia l’uso dell’ipnosi regressiva per rimuovere il blocco ai ricordi e scoprire la verità. Una verità ancora più sorprendente: John rammenta dei dettagli rituali nella violenza fatta alla figlia e, soprattutto, che lui ne era solo testimone e non autore. Gli indizi conducono a un poliziotto, agli altri componenti della famiglia e a un gruppo sempre più indefinito di persone dedite al culto del maligno. Il quadro che viene lentamente a formarsi, grazie all’utilizzo dell’ipnosi regressiva in più soggetti, diventa sempre più ampio e spaventoso e fa venire in mente quell’idea di trauma collettivo mostruoso narrato in Il quarto tipo.

Da lì scatta l’indagine di Kenner nel terrificante mondo delle sette e degli abusi sessuali di origine satanica, in cui gli incubi e la realtà si confondono fino a sovrapporsi, trascinandolo in un vortice di paranoia. Amenábar ha dichiarato che una delle cose che lo ha affascinato è la natura eterogenea di Regression: «Il film inizia come un horror, si evolve in un thriller psicologico per poi approdare nel dramma». Sebbene l’ordine dei registri è più confuso, nonché inesatto, non rende comunque l’idea dello spiazzamento continuo a cui lo spettatore è sottoposto a ogni svolta della storia. Se c’è un demonio dentro il mondo di Regression, quello è sicuramente Amenábar, che tesse le sue reti usando il ritmo giusto al momento giusto e narrando con la dovuta calma la lenta discesa nel vortice della follia e della paranoia del detective Kenner, scandita da accelerazioni improvvise in cui l’orrore presente nell’aria si materializza inaspettatamente, creando delle sequenze di forte impatto visivo. Si portino come evidenza del fatto le scene dei congressi satanici tenuti nel granaio della famiglia della vittima: gli incappucciati, il volto della donna che guida la cerimonia, i feti sacrificati, sono strappi al tessuto dell’indagine classica e ci conducono verso terreni più a latere rispetto al logos interpellato dalla detection, ovvero nell’inconscio collettivo e all’insieme delle paure che crescono floride al suo interno, veri protagonisti dell’indagine di Kenner senza che lui se ne renda conto. Gli incubi – visioni – che Hawke subisce e che lo portano nel baratro della follia e a dubitare della sua unica fede, l’agnosticismo, sono grimaldelli della mente dello spettatore, continuamente ingannato da Amenábar, tramite l’utilizzo delle tappe, degli stereotipi, degli stilemi del genere che ormai tutti conoscono, per essere condotto altrove.

Tutto appare chiaro, prevedibile, scontato e persino deludente a uno sguardo poco incline all’attesa, fino allo snodo successivo che ribalta le attese, le rimanda in un altro lido, muta in qualcos’altro: perché questo è il Male per eccellenza, il Diavolo che si svela nei dettagli ma nasconde le tracce del quadro generale. Solo che Satana non ha qui le sembianze luciferine, le corna e gli zoccoli, ma si manifesta nell’attività umana nella maniera più sorprendente, ovvero nei posti meno evidenti: il detective Kenner è bombardato da reportage televisivi sui satanisti, legge libri che documentano congressi carnali col demonio, viene inseguito e spiato, ma le sue ossessioni saranno del tutto fallaci alla luce della verità della storia, perché il vero male si cela nel panico collettivo che non la scienza, con l’impossibilità di dare alle tecniche della psicologia moderna un carattere veridittivo, non la religione né la logica possono fermare, perché arcane nell’inconscio dell’uomo e labili nel farsi risvegliare al minimo stimolo.