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Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco

2023
Titolo Originale:
Rebel Moon
REGIA:
Zack Snyder
CAST:
Sofia Boutella (Kora)
Michiel Huisman (Gunnar)
Charlie Hunnam (Kai)

Il nostro giudizio

Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco è un film del 2023, diretto da Zack Snyder.

Dunque, partiamo dai fondamentali: correva l’anno 2012 quando quel furbacchione di Zack Snyder, galvanizzato dal proprio divino status symbol maturato in casa DC, decise di entrare a gamba tesa nella mitologia della Space Opera più celebre e redditizia di sempre, presentandosi alla corte di George Lucas con un progettino che, a detta sua, avrebbe dovuto rappresentare il più “maturo” e serioso capitolo dell’immortale fanta(sy)scientifica saga di Star Wars. La cinematografica frittata pareva bella che fatta, ma quando il Malefico Topo portò a compimento l’acquisizione della Lucasfilm, Bob Iger in persona venne a bussare all’uscio del nostro Man of Steel con un’ambasciata del tipo: «Ehi Zack, fai pure quel che ti pare, ma noi ce ne tiriamo fuori!». Passato tuttavia lo stordimento causato da questo Sucker Punch a tradimento, l’incravattato Watchmen dagli occhi di ghiaccio decise di riunire in fretta e furia i 300 fidi compari della sua premiata Army of the Dead, rimettendo mano all’intera baracca e modificando qua e là nomi, cognomi e generiche occupazioni, rimescolando il tutto con zucchero, cannella, Ogni Cosa è Bella e un’abbondante dose di Chemical X. E fu così che, all’interno del caldo utero di mamma Netflix, venne infine alla luce quella tronfia e indecentemente derivativa creatura fuori tempo massimo che risponde al titolo di Rebel Moon: un bulimico potpourri di plagi mascherati da citazioni e ruffianissime strizzate d’occhio tanto all’iconica lucasiana lore quanto al Dune di Herbert e all’asimoviano Ciclo delle Fondazioni. Un insipido e stopposo minestrone riscaldato nel cui autocompiaciuto calderone uno Snyder a briglia sciolta si è premurato di gettare senza alcun ritegno frattaglie ancora fumanti di Matrix, Capitan Harlock e persino un simil ippogrifo sgraffignato all’occhialuto maghetto Potter, tentando disperatamente di guarnire il tutto con scampoli di Kurosawa, Leone e del sempreverde Sir. Tolkien.

Ma prima che gli accoliti e i detrattori del buon Zachary inizino a scannarsi peggio di pisani e livornesi alla vigilia del Derby del Tirreno, va detto che Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco rappresenta, come noto, il primo capitolo di un’ipotetica trilogia il cui sequel (La Sfregiatrice) e una già annunciata serie sono prossimi ad abbandonare i fumosi confini dell’iperuranio per approdare su piccolo schermo; a dimostrazione di come, nonostante la ridicolaggine che trasuda fin dalle radici di questa discutibile operazione, le cose siano ben più serie di quanto non appaiano. Il tutto prende il via nella solita galassia lontana lontana, nella quale il Mondo Madre altro non è che l’ennesimo impero fascio-militarista governato da un innominato sovrano e dalla di lui primo(e ultimo)genita Issa, il cui buon cuore, unito a taumaturgiche sovrumane capacità, potrebbe finalmente mettere fine a secoli di sanguinose intergalattiche baruffe. Ma quando questi ultimi scampoli della Royal Family verranno vigliaccamente uccisi da ignoti cospiranti figli di altrettanto ignota madre, il putiniano senatore ed autoproclamato Reggente Balisarius (Fra Fee) inizierà a spedire il proprio nazistissimo ammiraglio Atticus Noble (Ed Skrein) e la sua guerrafondaia Brigata Wagner in ogni siderale cantone dell’Imperium, cercando di stanare gli scalmanati membri di un’occulta Resistenza e, già che c’è, saccheggiando le risorse degli inermi mondi disseminati lungo il cammino. Ed è proprio sullo sperduto pianeta Veldt – simile ad un poverissimo villaggetto rurale ucraino con giusto qualche luna e un paio di scenografici anelli di asteroidi in più a rischiarare una volta celeste in pessima CGI – che il nostro Stormtrooperführer giungerà per fare i propri porci comodi, senza sapere che proprio qui vivacchia e vegeta la misteriosa Kora (Sofia Boutella), ex soldatessa dell’élite imperiale divenuta disertrice per motivi sinora non ancora pervenuti.

E sarà proprio costei che, alleandosi di malavoglia con il bel contadino Gunnar (Michiel Huisman) e il tenebroso mercenario Kai (Charlie Hunnam in versione Han Solo della Lidl) imbraccera’ armi, spade laser e bagagli per scandagliare ogni intergalattico Colosseo e Cantina di Mos Eisley zeppa di eredi del fu Jabba the Hutt alla ricerca della peggior feccia interplanetaria disposta a dar vita ad un mal assortito gruppetto di Guardian of the Galaxy, tentando di dare man forte alle occulte forze ribelli come dei provetti Bastardi senza gloria. Ben consci della testosteronica poetica e della muscolare autorialità che il buon Snyder ha sempre riversato nella propria machistica idea di cinema, non stupisce affatto che Rebel Moon – Parte 1 si apra nientemeno che con una tutt’altro che metaforica deflorazione spaziale: un possente pene-astronave con cui l’infoiato regista non si fa il minimo scrupolo nel penetrare una vagina-portale che conduce dritta alla maramalda inseminazione di uno Star Wars-Verse che avrebbe potuto essere e che, per fortuna, mai sarà. Ed è proprio dal frutto proibito di questo impenitente stupro che ha potuto originarsi una montagna da ben 166 milioni di dollari, capace tuttavia di partorire nulla più che un topolino PG-13 di due abbondanti ed epopeiche orette – pronte a lievitare a tre nella già annunciata Snyder Cut -, infarcito dei soliti stucchevoli flare ed estenuanti slow motion connaturati in quel bistrattato Snyder Style che tutti ormai ben conosciamo. Insomma: il pirotecnico giocattolone di un bimbo cinquantasettenne intento a baloccarsi con bidimensionali action figure che, prese in se e per se, così malaccio non parrebbero poi nemmeno tanto; a patto ovviamente di avere tempo e neuroni da buttare in un qualcosa che avrebbe forse avuto senso di esistere solamente in un un qualche sperduto esopianeta di Starfield. O, meglio ancora, in un arido multiverso alternativo dove la sostanza e l’approfondimento psicologico non debbano per forza superare lo spessore di un foglio di Rotoloni Regina, i quali, come questo galattico delirio di onnipotenza, paiono proprio non finire mai.