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Quelli che mi vogliono morto

2021
Titolo Originale:
Those Who Wish Me Dead
REGIA:
Taylor Sheridan
CAST:
Angelina Jolie (Hannah Faber)
Finn Little (Connor Casserly)
Nicholas Hoult (Patrick Blackwell)

Il nostro giudizio

Quelli che mi vogliono morto è un film del 2021, diretto da Taylor Sheridan.

Scrutando sommariamente la filmografia, sia nelle opere scritte sia in quelle anche dirette, di Taylor Sheridan salta all’occhio come il suo sia un tipo di cinema semplice, ancorato a un modo di narrare che oggi pochi usano. Il senso dell’affermazione non è spregiativo, se non nei confronti della scrittura “contemporanea” di molti suoi colleghi, appigliati agli intrecci narrativi inestricabili come unica via possibile per raccontare, e non è una banalizzazione delle storie che Sheridan mette in piedi, che hanno meccanismi comunque complessi e inscenano conflitti umani stratificati. Il dono di Sheridan e di pochi altri al momento (viene in mente nella stretta cerchia il talento di S. Craig Zahler) è di arrivare allo spettatore senza inganni e sotterfugi, ma dipanando una trama con tanti personaggi e tante linee narrative in maniera limpida e immediatamente comprensibile, senza timore di cadere nel fraintendimento che la semplicità sia sintomo di povertà di idee. Quelli che mi vogliono morto provoca la stessa sensazione della vecchia foto trovata in soffitta scattata in pellicola e superata a colpi di megapixel dalla digitalizzazione: si torna a raccontare la storia, i personaggi e le loro evoluzioni con formule che hanno sempre funzionato presso il grande pubblico e che oggigiorno appaiono superate – chi lo crede davvero è un illuso – dalle sperimentazioni narrative della serialità televisiva, dettate dall’accumulo e dalla mancanza di remore nel ricorrere a macrocorrezioni, a incongruenze narrative e incoerenze dei personaggi.

Quelli che mi vogliono morto è un inno alla semplicità, l’ingrediente cardine dei grandi cult precedenti al 2000. Un indizio non da poco lo dà la durata, poco al di sopra di quei novanta minuti che un tempo erano sufficienti a raccontare una storia e adesso sembrano sempre più una bestemmia nell’era della quantità e dei multiversi narrativi. Sheridan parte dall’omonimo romanzo di Michael Koryta, che scrive anche la sceneggiatura con Charles Leavitt e il regista e dipana un thriller di azione che inizia letteralmente con il botto. Una coppia di sedicenti tecnici del gas, i fratelli Jack e Patrick (rispettivamente Aidan Gillen e Nicholas Hoult), con la scusa di una perdita entrano in casa del procuratore, ne uccidono la moglie e ne fanno esplodere l’abitazione. La news sui notiziari mette subito in allerta Owen Casserly (Jake Weber), un contabile forense  che stava lavorando proprio con la vittima su un caso di corruzione che coinvolge personalità di alto rilievo. Capendo l’aria che tira, scappa in auto con il figlio Connor (Finn Little) per chiedere aiuto in New Mexico al cognato poliziotto, Ethan Sawyer (Jon Bernthal). Naturalmente le cose vanno storte e il figlio adolescente, custode dei segreti del padre, si trova i due killer alle calcagna. In suo aiuto c’è una forestale dal passato traumatico, Hannah Faber (Angelina Jolie), ma la situazione degenera velocemente a causa di un vasto incendio che circonda i protagonisti della vicenda.

Tanti sono i personaggi su cui Sheridan posa la propria attenzione e altrettanti sono gli stereotipi con cui ama dipingerli, illuminandoli però di una luce nuova. L’esempio lampante è il personaggio di Angelina Jolie, affetto da sindrome post traumatica in lotta con i demoni del proprio passato – un salvataggio, nel mezzo di un incendio, andato male – e che ha una speranza di redenzione grazie a un altro incendio. Jolie sembra qui voler entrare nella galleria degli eroi del cinema muscolare di un tempo e, come un John McClane qualunque, non si risparmia nel farsi vedere perennemente ferita, con ampi ematomi in odore di cancrena, scazzottata in pieno volto, persino colpita da un fulmine. Pur nel suo carattere autodistruttivo, la protagonista incarna la virtù della resilienza, parola ormai abusata ma che nel film di Sheridan trova effettivamente una ragion d’essere. Senza mezzi termini o facili ambiguità, Sheridan riporta la lotta tra bene e male ai suoi elementi più basilari, descrivendo personaggi virtuosi contro il male senza compromessi dei due serial killer, sullo sfondo dell’America più marginale, selvaggia, inerme di fronte alle forze primordiali della natura. Nella sua essenzialità, nel senso di asciugamento all’essenza, un thriller che mantiene quello che promette. E le promesse sono di alto livello.