Featured Image

Psicomagia – Un’arte che guarisce

2019
Titolo Originale:
Psychomagie, un art pour guérir
REGIA:
Alejandro Jodorowskj
CAST:
Alejandro Jodorowskj

Il nostro giudizio

Psicomagia – Un’arte che guarisce è un docufilm del 2019 di Alejandro Jodorowskj.

Ci sono storie che quando le racconti si consumano. Altre storie, invece, consumano te. Più le ascolti, più acquistano forza. E’ il caso di Psicomagia – Un’arte che guarisce l’ultima opera cinematografica di Alejandro Jodorowsky (Tocopilla, 1929) che, con la complicità di Fernando Arrabal e di Roland Topor, fonda nel 1953 a Parigi il movimento teatrale “Panico”. Il regista, poeta e drammaturgo cileno di origini russe naturalizzato francese, spiega come invertire la rotta delle paure, sciogliere i nodi del malessere, sfondare i muri dell’incubo. Se tutto è nell’inconscio, come anche la psicoanalisi conferma, bisogna lasciarlo emergere e viverlo. Anche e soprattutto i tabù. Come? “Non si può insegnare all’inconscio il linguaggio della realtà. Bisogna insegnare alla ragione il linguaggio del sogno” svela Jodorowsky che nel suo docufilm ascolta, interroga, esplora il labirinto emotivo degli interlocutori. Attraverso atti solo apparentemente paradossali scuote l’immobilità patologica di cui si può essere prigionieri. Non si guarisce rimuovendo un desiderio ma mettendolo in scena secondo il metodo psicomagico. “La parola psicomagia nacque nella mia testa cinquant’anni fa sotto forma di un messaggio iniziatico”, afferma il regista.

Secondo questo metodo si affrontano nel docufilm diverse tipologie cliniche, isolate l’una dall’altra da dissolvenze a nero: la rivalità tra due fratelli per l’amore della madre; la paura del buio; il trauma di un uomo abusato dal padre e sul punto di suicidarsi; una coppia in crisi e via guarendo. Tutti capitoli di una medicina artistica irrazionale dove il sacro si fonde con il profano in forma poetica. A differenza della moderna psicoanalisi, che costa e dura anni, la psicomagia è gratuita, affonda le sue radici nell’arte, si basa sulle azioni e non sulla parola e incoraggia il terapista a toccare le persone che lo consultano. Un trionfo di abbandoni ad abbracci ancestrali, stati simili all’ipnosi, digitopressioni dal gesto spettacolare, interramenti, laceramenti di vesti, sacrifici di foto e oggetti simbolici, uso sacro del sangue, colorazioni della pelle, pianti liberatori, rinascite. Tutto in working progress. D’altra parte non esiste nemmeno un cast definit(iv)o, nei titoli di coda del film, se non un mosaico di nomi: l’operazione è collettiva, perché il film è stato prodotto in crowdfunding ma soprattutto perché nelle aspirazioni dell’autore da sempre è collettivo lo sforzo dell’umanità di emanciparsi da ogni tipo di vincolo e legame tossico.

In coda alcuni “extra” come la performance canora “Le destin du voyageur” di Arthur H (figlio d’arte di Jacques Higelin) un’azione di gruppo a Barcellona e le riprese della marcia dei teschi a Città del Messico nel 2011, atto di protesta contro le morti nella guerra della droga intonando “La llorona” di Chavela Vargas. Direttrice della fotografia è la compagna del regista, Pascale Montandon, una novella Yoko Hono di cui Jodorowsky si professa innamoratissimo a costo di sembrarne succube. L’autore cerca di tenersi in disparte, pur citando, in testa ad ogni “azione”, sequenze significative di suoi film, da Il paese incantato a La danza della realtà e Poesia senza fine, In attesa di Voyage essentiel, l’annunciato capitolo che dovrebbe portare a compimento la trilogia iniziata con La danza de la realidad. Per continuare a ridimensionare il potere del logos e a completarlo con quello dell’immaginazione. In ultima analisi, dimentichiamoci con Psicomagia – Un’arte che guarisce lo Jodorowsky di film cult come El Topo o La montagna sacra e abbandoniamoci all’arte terapeutica.