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Prisoners of the Ghostland

2021
REGIA:
Sion Sono
CAST:
Cast: Nicolas Cage (Hero)
Sofia Boutella (Bernice)
Bill Moseley (Governatore)

Il nostro giudizio

Prisoners of the Ghostland è un film del 2021, diretto da Sono Sion

Il tempo, che in sé è una parola dai molteplici significati, rappresenta tuttavia l’ordine all’interno della caotica realtà che ci circonda. Il tempo dà coordinate certe ma non fornisce spiegazioni: una cosa accade solo in un determinato momento, il resto è materiale da sofisti. Sono Sion, che non è sofista ma neanche un amante dell’ordine, ha infine accettato la sfida dell’Oltreoceano, tra l’altro dopo aver già intrecciato i fili con i giganti dello streaming nei suoi precedenti lavori. Un film che sarebbe potuto anche rimanere un grandissimo punto di domanda, visto che, in fase embrionale del progetto, Sono ha rischiato di rimanerci per un infarto. Per fortuna e per nostra gioia, l’autore giapponese ce l’ha fatta e oggi possiamo parlare, nel bene e nel male, di questo Prisoners of the Ghostland. O, se preferite, la tanto attesa collaborazione tra il regista del caos e l’interprete forse più caotico di sempre, Nicolas Cage. La prima domanda che ci si può porre è: è riuscito Sono ad addentrarsi in una storia non scritta da lui e dai numerosi richiami postmoderni? L’impianto narrativo ricalca completamente il più classico dei western: un assassino e rapinatore di banche (Cage) viene assoldato dal Governatore (un Bill Moseley “texanamente” perfetto) per ritrovare la nipote Bernice (Sofia Boutella, protagonista in Climax di Gaspar Noé), scomparsa in una terra misteriosa, la Ghostland appunto.

Tutto accade in un mondo multietnico, dove gli stivali dei cowboy si fondono con i kimono dei samurai, ma anche distopico e post-nucleare. Il messaggio arriva forte e chiaro, per alcuni lo farà fin troppo: è proprio questo rapporto e questa mescolanza orientale-occidentale che apre le porte al Tempo, nel significato di Storia. L’incontro tra le due culture, l’ammodernamento dalla tradizione del Giappone nel diciannovesimo secolo e il conflitto con gli Stati Uniti nel ventesimo, con il tragico finale che conosciamo. Hiroshima, Nagasaki, ma anche la più recente Fukushima. Si chiedeva appunto: è un film di Sono? La Ghostland non è tanto lontana dai pianeti visti in The Wispering Star. Vi si avverte la stessa grottesca sospensione, qui comunicata, in maniera più evidente, dal grande orologio della piazza che i “fantasmi-prigionieri” tengono fermo con una fune sulla lancetta dei secondi. Nella bulimica contaminazione di generi, il western rimane il tema dominante, con i suoi tòpoi di richiamo come la “resurrezione”, o la nascita, dell’eroe e la scoperta della vera missione.

L’eredità leoniana, quella da cui oggigiorno è impossibile emanciparsi salvo rari casi, funge da sfondo per allargare il discorso a tematiche per niente originali, ma che comunque fanno il film e lo rendono coerente. C’è la schiavitù, che è sia quella imposta dagli oligarchi agli ultimi, sia quella dagli uomini alle donne. Una narrazione in linea con le istanze che il cinema odierno sta raccogliendo, in cui però emerge, e qui la risposta è definitiva, l’impronta di Sono. Lo fa nel controllo del ritmo, nelle coinvolgenti scene corali, nella messa in scena e nella direzione degli attori, costruendo terreno fertile anche alle esasperazioni attoriali di Cage. Prisoners of the Ghostland, nel suo essere opera di miscuglio e di derivazione, non ambisce e non può ambire ad essere e valere più del lecito, ma, nella sua più facile immediatezza, rappresenta un compromesso interessante, forse l’unico possibile per un autore che, dopo aver sparato le migliori cartucce, è tuttora alla ricerca di una nuova ma altrettanto coerente dimensione.