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Osombie

2012
Titolo Originale:
Osombie
REGIA:
John Lyde
CAST:
Corey Sevier. Eve Mauro
Jasen Wade
Danielle Chuchran

Il nostro giudizio

Uno zombesco di ambientazione mediorientale con Osama Bin Laden capo dei talebani resuscitati: il regista John Lyde punta al ribasso.

Osombie di John Lyde è uno di quei film che, per qualche imprecisabile alchimia sensoriale, riescono puntualmente a distrarti dalle loro premesse e a farti concentrare l’attenzione su cose simili ma altre. Ed è qui che salta in testa, chissà come, chissà perché, un ulteriore filmucolo italiano, Eaters (Luca Boni e Marco Ristori), simpaticissimo quanto sgangherato sguardo sull’universo zombesco all’amatriciana, sempre meno apprezzato di quel minimo sindacale sotto il quale non si dovrebbe scendere per principio. In effetti le due pellicole, siamesi nell’idea ma assai differenti per conformazione fisiologica e mentale, sembra abbiano giocato le rispettive carte su un terreno comune, lo scenario bellico, fatto di polveri e desolazione, di zombi affamati e appestanti, e di una divisione militare spedita a compiere una qualche missione. Lo scarto sostanziale è la qualità, eccelsa quella di Boni&Ristori, in proporzione un fastoso kolossal di ambientazione guerresca, fastidiosamente raffazzonata quella di Lyde. Osombie ne potrebbe addirittura essere considerato un gemello deforme e ritardato, il fratellino che non puoi ammazzare per ragioni prettamente morali ma che tieni rinchiuso in casa affinché nessun estraneo sia messo in condizioni di compatirti la famiglia.

Eppure il soggetto, nella sua casereccia semplicità, era a dir poco interessante, peccato che, come spessissime volte succede, al lampo di genio non segua nessuna deflagrazione, ma semmai un breve rovesciamento che, nel caso del cinema horror, si limita a frattaglie e sventramenti assortiti da far piovere sui malcapitati spettatori. Un reparto speciale della NATO si ritrova a battere quella grande scatola di sabbia che è il deserto mediorientale: c’è il sosia spiccicato di Colin Farrell, un tale Corey Sevier (Immortals, 2011), che per metà del tempo esibisce la bitorzoluta muscolatura, per l’altra metà spara e spacca la testa ai cadaveri deambulanti. I quali, curioso aneddoto, sono puntualmente interpretati dagli stessi due o tre attori, tutti bardati in tenuta kamikaze, turbanti insudiciati e vestimenti da beduino, perché se ne possano distinguere le putrefatte fisionomie. I nostri eroi devono scovare il capo dei capi, Osama Bin Laden, risorto dal suo sepolcro marino e incazzatissimo con il peccaminoso mondo occidentale, per impallinargli il cervello e garantirgli eterno riposo.
Al di là di questa caccia all’uomo, anzi al morto, non resta molto. La sceneggiatura procede a scaglioni, quasi per inerzia, alternando gustosi seppur ripetitivi attacchi zombeschi (costruiti in gran parte con una vistosa computer grafica) a momenti di riflessione fine a se stessa che, pur tentando l’introspezione psicologica, risulta totalmente fuori luogo. Osombie sarebbe anche un film carino, pregevole, se fosse dotato di maggiore coerenza interna, di connessioni strutturali che, in qualche modo, ne garantissero un rigore simmetrico, una logica basata su rimandi e richiami e non su semplici suggestioni. Ciò che manca è appunto la capacità (o la decisione) di tirare le fila del discorso, di riparare le slabbrature (davvero troppo numerose) che costellano e feriscono l’intero film. Forse non uccidendolo, ma rendendolo senza dubbio gravemente mutilato. Proprio come i suoi zombi.