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Ondata di calore

1970
Titolo Originale:
Ondata di calore
REGIA:
Nelo Risi
CAST:
Jean Seberg (Joyce Grasse)
Luigi Pistilli (dottor Volterra)
Lilia Nguyen (cameriera)

Il nostro giudizio

Ondata di calore è un film del 1970, diretto da Nelo Risi

Jean Seberg in Ondata di calore suscita il ricordo di Delphine Seyring: capello corto biondo platino, fisicità carnale ed eterea. Anzi, più carnale, in talune sequenze decisamente erotica; come quando, nuda, abbandonata e languida, si carezza i seni, turriti da capezzoli erti, con un cubetto di ghiaccio. Donna fatta, Jean è in quella pienezza già sul ciglio del declinare, come l’aroma di un frutto talmente maturo da sembrare un po’ mèzzo. Delphine Seyring anche per ciò che lega – o sembra legare – Ondata di calore al Mariembad di Resnais. L’essere  umano chiuso all’interno di uno spazio indecifrabile (che lo contiene e insieme lo giustifica) non fa che reiterare e accumulare atti anch’essi indecifrabili. Ricorda, sogna, delira, cioé esce dal solco delle cose spiegabili? Forse è già morto. Dino Risi traslò il contenuto del romanzo di Dana Moseley, Dead of Summer, dalle sabbie rugginose del Texas a quelle calcinate e turbinanti di Agadir, in Marocco; qui una donna americana aspetta il ritorno del marito architetto da una partita di caccia, all’interno di una casa di geometrica bellezza, al contempo carcere e guscio. La scenografia di Giuseppe Bassan e le musiche di Peppino De Luca e Carlos Spes tessono intorno alla protagonista gran parte della forza dell’incantesimo.

dentro 1

Tutto è sospeso, palpita di qualcosa che deve ancora succedere, continuamente diluito. In realtà, già accaduto. Jean fuma, spia all’esterno e si fa spiare, nuda, perde tempo giocherellando con gli oggetti, anche con una bambola gonfiabile del marito, il quale par di capire incline alla pederastia e abbia una relazione con un ragazzetto del posto. L’attesa si fa, per così dire, materia: nella figura della sabbia e del caldo che premono, aumentano, si accalcano alle porte, intrudendosi attraverso ogni fessura. L’ondivaga Jean è assediata a Fort Alamo, aliena tra presenza aliene, fantasma tra i fantasmi: una donna di servizio, un portiere, un giovane di conturbante bellezza. Ma comunicare appare impossibile, e non, ovviamente, per questione di lingua. Infine, un medico (Luigi Pistilli) la sottrae al suicidio mettendole a disposizione una stanza refrigerata nella sua clinica. Si fissa nell’immaginario la scena in cui Jean, di fronte allo split dell’aria condizionata, viene investita dal flusso fresco sulle note della colonna sonora. La liberazione e la catarsi non avrebbero potuto essere meglio rese.

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L’epilogo scioglie il nodo del film alla maniera tranciante di Gordio, usando come lama quella del giallo e vibrando il colpo con decisa rapidità. Anche troppa, magari. Jean Seberg era nella vita una donna scossa e problematica, ma è da escludere che l’abbiano presa per questo. Era solo una magnifica attrice. Il film in censura prese il divieto ai minori di 14 anni “per i nudi della protagonista, per l’amplesso in cui si abbandonano i due indigeni e per la scena in cui la protagonista tenta di sedurre un giovane indigeno dipendente del marito”. La scena dei due locali, spiati dalla Seberg mentre fanno l’amore, fu quasi certamente filmata in versione anche più spinta come testimoniano alcune fotografie prese sul set. Bistrattato e conculcato sia dalla critica aulica, ai tempi, sia dal fandom grezzo del bis italiano, oggi, che non lo capisce bene e scambia l’andamento meditativo e rarefatto per velleitarismo e noia.