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Oltre il guado

2013
Titolo Originale:
Oltre il guado
REGIA:
Lorenzo Bianchini
CAST:
Renzo Gariup
Marco Marchese
Lidia Zabrieszach

Il nostro giudizio

Oltre il guado è un film del 2013, diretto da Lorenzo Bianchini.

Visionando i filmati recuperati da una videocamera di monitoraggio legata a una volpe, l’etologo Marco Contrada trova degli strani ruderi dispersi tra i boschi del Friuli, al confine con la Slovenia. Incuriosito, li raggiunge, superando il guado di un fiume poco prima che un acquazzone alzi il livello dell’acqua rendendo impossibile il ritorno. Finché il tempo non migliora, l’unica soluzione è fermarsi tra le macerie di quel paesino che pare abbandonato… o meglio, che pare abbandonato da esseri viventi. Altre cose, residuate del passato, vagano ancora per quei borghi distrutti, e Marco scoprirà che non sono molto socievoli.

Oltre il guado ha fatto incetta di premi nei vari festival nazionali (e non) in cui è stato proiettato, e se alle volte riconoscimenti ufficiali magari non ne ha visti, sicuro ha incassato tsunami di applausi e ovazioni. Mannaia al Miglior Lungometraggio al TOHorror Film Fest, l’Anello d’Oro conquistato al Ravenna Nightmare Festival, Miglior Film al CineStrange di Dresden, mentre si sprecano menzioni e riscontri entusiastici dai festival di tutto il mondo (come il Fantasia di Montreal, il Sitges, il Festival de Cine de Terror de Molins de Rei, il Science + Fiction di Trieste…). Tutte cose meritatissime, aggiungiamo, per quella che a tuttora è l’opera più intrigante, paurosa e originale del filmmaker friulano Lorenzo Bianchini, già noto nell’ambiente dell’horror indipendente italiano per film come Lidrîs cuadrade di trê e Custodes Bestiae. Ormai maestro del low budget, mago nel rielaborare con visioni inquietanti spazi e ambienti del suo Friuli, coraggioso sperimentatore di linguaggi (l’uso di una lingua dagli accenti decisamente comico-grotteschi come quella friulana per un horror “serioso” come Lidrîs cuadrade di trê, ad esempio, è una trovata magnificamente straniante, soprattutto per chi il friulano lo parla e lo capisce), Bianchini con Oltre il guado dimostra di aver raggiunto una maturità filmica invidiabile, nonché una visione originale del genere orrorofico. Già con il precedente Occhi, film praticamente invisibile, Bianchini si era in parte allontanato dallo stile delle sue prime opere, più narrative, ludiche e spesso votate a una sperimentazione visiva fine a se stessa, per avvicinarsi, omaggiare e rielaborare il cinema di Pupi Avati di cui è grande ammiratore. Case o zone infestate da presenze inquietanti, atmosfere sospese, il passaggio graduale e quasi impercettibile dalla realtà all’allucinazione: da questo punto vista, e col senno di poi, Occhi può essere letto come la prova generale per Oltre il guado, anche se in realtà, a sentir Bianchini, quest’ultimo era nato quasi come uno scherzo, un esercizio di stile. «In origine, l’idea era di fare il film solo io e Marco Marchese [l’attore principale] con la mia vecchia Panasonic DVX 100, e andare in giro per le montagne con lui e girare in maniera molto “sporca”», avrà a dire in un’intervista (recuperabile sulla pagina Facebook del film). Poi, con l’interesse al progetto di Daniele Trani, in seguito direttore della fotografia, Oltre il guado si è trasformato in qualcosa di più “importante”. La storia: visionando i filmati recuperati da una videocamera di monitoraggio legata a una volpe, l’etologo Marco Contrada trova degli strani ruderi dispersi tra i boschi del Friuli, al confine con la Slovenia. Incuriosito, li raggiunge, superando il guado di un fiume poco prima che un acquazzone alzi il livello dell’acqua rendendo impossibile il ritorno. Finché il tempo non migliora, l’unica soluzione è fermarsi tra le macerie di quel paesino che pare abbandonato… o meglio, che pare abbandonato da esseri viventi. Altre cose, residuate del passato, vagano ancora per quei borghi distrutti, e Marco, ahilui, scoprirà che non sono molto socievoli.

Trama irrisoria volutamente lasciata con svariati punti oscuri, dialoghi pressoché inesistenti, un unico attore e una manciata di comprimari, musiche quasi monotematiche ed effetti speciali all’osso: quello che in mani meno capaci ha tutte le caratteristiche per risultare un film pallosissimo (o al massimo un corto sperimentale), diventa nella visione di Bianchini un’opera che colpisce come un salutare cazzotto in faccia chiunque affermi (specialmente in Italia) che non vale la pena fare film di genere perché ci vogliono troppi soldi. Invece è proprio il ricercato minimalismo a far fare il salto di qualità a Oltre il guado, un minimalismo che parte sì dalla mancanza di fondi ma che strada facendo trova un suo linguaggio e lo affina al meglio, diventando visione inedita e inquietante saggio sulle atmosfere, sull’uso degli spazi e sul gioco della visione, in grado di non far mai crollare la tensione. È su questo che lavora Bianchini, ed è a partire da questa sua poetica che possiamo cominciare a definirlo “autore”. Ce lo conferma lui stesso, in questo estratto dall’intervista di cui sopra: «Ho cominciato a fare film nel 1997, con un cortometraggio. Dopo quattro lungometraggi, Oltre il guado è il mio quinto film. Durante tutto questo percorso […], secondo me sono andato via via sottraendo delle cose, facendo vedere sempre di meno le cose che inducono all’inquietudine e alla paura in maniera tale che sia l’atmosfera che ti coinvolge, che parla, piuttosto che l’elemento orrorifico che vedi. E secondo me questo è importante perché l’elemento orrorifico te lo immagini tu, ed è lì che induce le tue paure più profonde, è lì che ti immagini che ci sia qualcosa ma non sai che cos’è, e questo è realistico, è vero. Con Occhi e con Oltre il guado era questa dimensione che mi sono sforzato di descrivere, e che mi auguro di essere riuscito a descrivere”. Sì, caro Lorenzo, ci sei riuscito, e alla grande!