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Old Man

2022
REGIA:
Lucky McKee
CAST:
Stephen Lang (il vecchio)
Marc Senter (Joe/Rascal)
Liana Wright-Mark (Genie)

Il nostro giudizio

Old Man è un film del 2022, diretto da Lucky McKee.

Se i film avessero un qualche profumo, allora Old Man emanerebbe certamente la succulenta fragranza di un bel piatto fumante di pasta al pomodoro: semplice, veloce, invitante e capace di saziare tanto i palati più esigenti quanto i voraci cinefili di boccaccia buona. D’altronde, da uno chef come Lucky McKee, solitamente abituato a tirare in piedi gustose filmiche leccornie con ingredienti spesso di seconda mano o per lo più alla buona, non si poteva certo chiedere di meglio. E ci vuole certo del talento – se non culinario quantomeno cinematografico – per apparecchiare un appetitoso thriller psicologico da camera (anzi, da baiata) con a disposizione nulla più che un paio d’attori, una scricchiolante catapecchia sperduta nel nulla e una perturbante colonna sonora infarcita di inquietanti sussurri, mescolando ben bene l’angoscioso impasto con una spolveratina di lynchano spaesamento e distillando infine il tutto in novanta tesissimi minuti di puro ed incalzante orrore. Un orrore della e nella mente piuttosto che della e nella carne, ottenuto a partire da quell’unico avvizzito, disturbato e fondamentale ingrediente umano di prima scelta che è il mitico Stephen Lang. È lui infatti l’oscuro e attempato omaccione senza nome preannunciato dal titolo: un Man decisamente Old ma, almeno stavolta, costretto a muoversi non più In the Dark ma bensì alla piena luce del sole.

La medesima luce che filtra dalle unte e diroccate finestre della rustica casupola nella quale, come un sozzo ed artritico eremita in calzamaglia da vecchio film western, si ritrova di colpo a ridestarsi, spaesato e iracondo nei confronti di un non ben precisato cagnaccio reo di averlo abbandonato. Ma la polverosa e trasandata solitudine del nostro burbero protagonista – di cui nulla si sa ma che parecchio lascia intuire – verrà ben presto interrotta dall’improvviso sopraggiungere di un giovane e misterioso straniero (Marc Senter), pendutosi, a differenza del ruvido padrone di casa, non nel labirinto della propria mente ma, molto più pragmaticamente, nell’insidiosa selva che circonda l’isolato casolare, senza tuttavia avere apparente memoria del come e del quando. Ed è così che, dopo aver opportunamente sequestrato lo spaurito ma indubbiamente losco venuto, tenendolo sotto tiro grazie al fidato fucile da caccia, il nostro paranoico e diffidente Old Man inizierà a indagare sempre più a fondo riguardo alle reali motivazioni di una così inaspettata ed equivoca visita. Scoprendo, attraverso un interrogatorio sempre più teso e serrato, quanto le ombre del proprio oscuro e tragico passato sembrino avere parecchio in comune con gli altrettanto insidiosi fantasmi ben celati dietro al dolce ed apparentemente innocente faccino d’angelo di questo smemorato Pollicino.

Lasciati momentaneamente in frigorifero i morbosi appetiti cannibalici del cultissimo The Woman e riposte nella credenza pure le irriverenti suggestioni stregonesche dell’ironico All Cheerleaders Die, stavolta il buon McKee ha scelto di optare per un frutto decisamente più maturo, drenando quasi del tutto gli eccessi e le anarchie tipiche del suo inconfondibile stile per concedersi uno sguardo dichiaramente più teatrale. Uno sguardo lento, compassato e inquietantemente indagatore, così come quello che gli immoti e giudicanti occhietti di vetro di una testa di tigre impagliata, appesa al di sopra di un rustico caminetto, gettano sull’opprimente microcosmo di questa casupola-prigione. Un perturbante palcoscenico all’interno del quale, attraverso un’aristotelica unità di tempo, di spazio e di azione, la snervante querelle retorica tra gli unici due contendenti – il Vecchio e il Giovane, il Cacciatore e la Preda, il Folle e il Savio – viene combattuta a suon di sguardi e di parole, spesso evocando un Altrove che mai viene mostrato e che rimane dunque relegato fuori casa e, soprattutto, fuori campo. Ma, così come si sarà già ben intuito, in un film come Old Man, voglioso di giocare al massacro non tanto con gli occhi quanto piuttosto con la mente dei suoi spettatori così come fu per il polanskiano La morte e la fanciulla, nulla è mai davvero come sembra. E così, scavando sempre più a fondo di questo allucinato e ansiogeno stallo alla messicana in forma di kammerspiel, i ruoli e i caratteri inizieranno inevitabilmente a invertirsi, a fondersi e a confondersi, portando via via alla luce verità sempre più scioccanti che potranno trovare in parte espiazione soltanto in un catartico e nietzschiano eterno ritorno. Ma d’altronde, così come accade per certi viscerali e misteriosi sapori, questo piccolo gioiellino sfornato da McKee non può essere più tanto raccontato, necessitando piuttosto di essere gustato sino all’ultima ansiogena e destabilizzante briciolina.