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Offseason

2021
REGIA:
Mickey Keating
CAST:
Jocelin Donahue (Marie Aldrich)
Joe Swanberg (George Darrow)
Richard Brake (Bridge Man)

Il nostro giudizio

Offseason è un film del 2021, diretto da Mickey Keating.

Si avvicina l’estate. Il sole tramonta più tardi, le scuole chiudono, i lavoratori vanno finalmente in ferie. Quale luogo più adatto a passare la bella stagione se non la spiaggia? Le località di mare si animano, pronte ad accogliere le frotte di turisti che verranno a godersi le onde del mare. Ma cosa succede a quelle stesse località quando le spiagge si svuotano e anche l’ultimo turista esce dai loro confini? Questa è la premessa da cui parte il regista Mickey Keating e su cui costruisce l’horror Offseason. Il film comincia quando Marie Aldrich (Jocelin Donahue) riceve una lettera in cui viene avvisata che la tomba della madre, collocata sull’isola in cui lei è nata e cresciuta, è stata vandalizzata. Marie fa i bagagli e torna sull’isola, che nel frattempo, con la fine della stagione estiva, sta chiudendo tutti i suoi accessi ai visitatori, almeno fino alla prossima primavera. Dopo uno scambio con il classico vecchio pazzo alla stazione di benzina, qui declinato come custode del ponte (un Richard Brake dal volto sempre gelido), Marie arriva sull’isola in compagnia del partner George (Joe Swanberg), dove le cose si faranno via via più strane. Le persone si comportano in modo innaturale, iniziano a sparire personaggi e si alza sempre più una fitta nebbia. Come avrete capito, sull’isola c’è qualcosa di strano, e con qualcosa di strano si intende un’arcana forza malefica.

Tra Silent Hill e The Fog, e con alcuni rimandi a L’Aldilà! di Lucio Fulci, Keating crea un’atmosfera misteriosa e oscura, su cui costruire una vicenda che da thriller passa subito a essere ciò che di più vicino possiate immaginarvi a un racconto di Lovecraft. Vecchi pazzi e antiche maledizioni, tentacoli e divinità ancestrali, c’è tutto, anche se non amalgamato nel migliore dei modi. La pellicola inizia in modo intrigante e con classe, con vecchi filmini di vacanze che scorrono al ritmo di The carnival of the animals, ma si infrange subito su un lungo e didascalico monologo della madre morente della protagonista. Questo tipo di alternanza si protrarrà per tutto il film, facendo seguire a movimenti di macchina ben calibrati e intelligenti scene dal sapore trash e confuse. Questo tipo di cadute, a lungo andare, affossano con loro anche le – purtroppo poche – cose buone che questo film ha da offrire. La regia passa dall’eleganza alla confusione, e il montaggio, spesso puntuale, diventa presto inutilmente prolisso, come ad allungare una storia che da sola non avrebbe retto l’ora e mezza di durata.

Keating ha la giusta intuizione e prova a far passare l’orrore attraverso i rapporti familiari, come ci insegna Ari Aster, ma si perde anche lui nelle strade nebbiose dell’isola, concentrandosi più sulle scene horror che sulla vicenda in sé. Non abbiamo abbastanza elementi per affezionarci alla protagonista e alla sua storia: tutte le rivelazioni che il film ci dà sulla famiglia di Marie Aldrich ci scivolano addosso senza toccarci davvero, e senza di quelle nel film rimane ben poco. Rimane l’isola abbandonata, l’intuizione migliore del film, ma che a differenza delle isole di The Wicker Man o il più recente The Midnight Mass non possiede una geografia precisa, e ci impedisce di calarci senza riserve nei luoghi della storia. Ci saranno gli indemoniati, ci saranno i tentacoli, ci saranno gli antichi dei. Ma quello che lo spettatore farà sarà scappare il prima possibile da questo film, come un turista che abbandona la spiaggia alla fine dell’estate.