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Numero zero

2015
Titolo Originale:
Numero zero
REGIA:
Enrico Bisi
CAST:
Ensi
DeeMo
Kaos One

Il nostro giudizio

Numero zero è un film del 2015, diretto da Enrico Bisi.

In Numero zero, il documentario di Enrico Bisi sui primi anni del rap italiano, ci sono assenze pesanti. Mancano, ad esempio, Deda e DJ Gruff, due terzi dei Sangue Misto, forse la band più rappresentativa del genere negli anni Novanta. Eppure, e non è un artificio retorico, sono queste mancanze a rendere testimonianza dell’importanza del lavoro storiografico di Bisi. La storia del rap in Italia è, inevitabilmente, una storia di allontanamenti, di esplosioni e implosioni, di grandi entusiasmi e di repentine picchiate. Di sguardi che finiscono in scazzi, per dirlo nella lingua del luogo. Il documentario traccia il percorso del genere dai tempi in cui un rapper italiano era una specie di curiosità d’importazione, fino all’emergere delle posse e del matrimonio tra cultura hip hop e autonomismo politico, e ancora, lo segue per tutti gli anni Novanta, attraverso la golden age italiana, fatta culminare significativamente con il producer album Novecinquanta di Fritz da Cat. Insomma, c’è in Numero zero una tendenza, lodevole e necessaria, alla storiografia musicale, alla scrittura di una storia del rap raccontata in ordine dai suoi protagonisti. Sfilano così davanti alla macchina da presa pionieri come The NextOne, Kaos, Militant A, Dee Mo e Ice One, insieme alle facce divenute note anche a chi stava fuori dal giro, in quel breve periodo in cui il rap era a Sanremo e nel contenitore Rai della domenica pomeriggio.

Ma non c’è solo il diligente riepilogo di una storia per molti versi pionieristica e, per altri, abbastanza improbabile. In Numero zero c’è anche la tensione di un genere musicale irrimediabilmente sospeso tra i dettami dell’impegno e l’inclinazione a divenire realmente popolare. Il documentario di Bisi, attraverso le voci di chi ha visto il successo e la disgregazione di un intero movimento succedersi nel giro di un paio di anni, demistifica la spaccatura tra i puri (“in quanto zero commerciale/nel mio fare/sono nemico ormai di tutti”) e gli impuri, tra il rap hardcore e la roba che “va bene giusto per Aelle”. In fondo, sembra dire Numero zero, questi due poli magnetici generavano l’energia cinetica capace di tenere in piedi un movimento sempre sull’orlo dello sdoganamento e mai davvero sdoganato, sospeso tra la necessità di affermare la propria esistenza e la volontà di non concedere terreno. 

È un matrimonio difficile, che al rap italiano è riuscito solo in rarissimi casi. Ad esempio, lo nota Dee Mo, in Aspettando il sole di Neffa & I messaggeri della dopa, il cui videoclip ritrae tutta la ballotta di Bologna, che sembra davvero pronta a fare il grande salto, e a farlo nei propri termini. Non succederà, se non i rarissimi casi. Ma Numero zero non è la storia di un fallimento, né un mixtape di nostalgie; è il racconto di una tensione, di uno scontro di personalità, campioni e strofe, raccontata tanto da quelli che ci sono, quanto da quelli che mancano.