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Nostalgia

2022
REGIA:
Mario Martone
CAST:
Pierfrancesco Favino (Felice)
Francesco Di Leva (don Luigi Rega)
Tommaso Ragno (Oreste)

Il nostro giudizio

Nostalgia è un film del 2022 diretto da Mario Martone.

Presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes ed ora scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar, l’ultimo film del regista Mario Martone è un adattamento del romanzo dello scrittore Ermanno Rea, uscito in Italia nel 2016. Un sublime – come sempre – Pierfrancesco Favino interpreta il protagonista Felice Lasco, un uomo che dopo quarant’anni all’estero a causa di un errore di gioventù, torna nel suo quartiere di Rione Sanità a Napoli per salutare la madre ormai molto anziana. L’inizio del film, fatto di silenzi che ben abbracciano il titolo dell’opera, non ha fretta di arrivare al punto e permette quindi di apprezzare un’immersione graduale nella storia. Il pubblico, come il protagonista, ha il tempo di guardarsi attorno, di orientarsi in quel viavai di vie, stradine, vicoli e palazzi dalle cui finestre si affacciano sguardi incuriositi e respingenti. I primi trenta minuti di film sono delicati e commoventi, fondati sulla narrazione di un figlio e una madre che si ritrovano dopo una vita trascorsa lontani.

L’uomo, con gli occhi pieni di amore e senso di colpa per quella distanza tardamente colmata, si prende cura dell’anziana donna: la scena in cui la aiuta a fare un bagno caldo, la veste e la mette a letto racchiude il senso profondo della storia e rappresenta visivamente la nostalgia verso un passato per anni tenuto vivo solo nella testa con pochi e bui ricordi. Quando la madre muore – in maniera forse frettolosa e arrangiata rispetto al tempo che le viene inizialmente riservato nell’economia narrativa – Felice, invece di tornare a casa, al Cairo, decide di rimanere a Napoli. Nota però una profonda ostilità da parte degli abitanti che tra diversi segnali minacciosi provano a farlo scappare. Gli viene bruciata la motocicletta e imbrattato il muro di casa, ma lui resiste e sembra ostinato a rimanere. Chi lo vuole lontano da Napoli è o’ Malomm, il vecchio amico d’infanzia con cui si era macchiato di un crimine e che aveva abbandonato senza mai dar lui sue notizie. L’amico, ora diventato un terribile boss della camorra, non lo ha perdonato e così, nonostante una scena molto riuscita che ancora una volta abbraccia il titolo inondando l’inquadratura di commozione, il malavitoso gli renderà impossibile la permanenza al rione.

Ad un inizio tanto intriso di onestà da risultare a tratti poetico, si affianca poi uno sviluppo che a volte inciampa nello stereotipo idealista: la retorica del prete che lotta contro la malavita e l’uomo che con coraggio resiste ai soprusi può reggere solo se ogni riga della sceneggiatura risulta abbastanza precisa da non concedersi un solo secondo di banalità. Qui invece alcune scene, eccessivamente caricate di sentimentalismo, rendono il personaggio di Lasco, che Favino eleva con la sua interpretazione, eccessivamente ingenuo, tratto che stona con un’infanzia vissuta in quei quartieri. Il protagonista, forse in quanto immalinconito dai suoi ricordi del passato, sembra dimenticarsi quale sia la cultura del posto, quali siano le tacite regole e i silenziosi accordi che gli abitanti del luogo sono costretti a rispettare e vive il suo ritorno con un entusiasmo quasi fanciullesco che poco si lega alla violenza e alla crudeltà di quelle realtà oppresse che altri prodotti audiovisivi hanno raccontato negli ultimi anni.