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Nina

2018
Titolo Originale:
Nina
REGIA:
Olga Chajdas
CAST:
Julia Kijowska (Nina)
Eliza Rycembel (Magda)
Andrzej Konopka (Wojtek)

Il nostro giudizio

Nina è un film del 2018, diretto da Olga Chajdas.

In concorso nella sezione lunghi del Fish&Chips Film Festival, festival internazionale del cinema erotico, Nina – primo lungometraggio della regista polacca Olga Chajdas – racconta la storia della sua omonima protagonista, la cui vita viene sconvolta dall’improvviso incontro con donna. Sullo sfondo di una Polonia tradizionalista in cui viene messa in discussione la legge sull’aborto, Nina (Julia Kijowska) e suo marito (Andrzej Konopka) sono alla ricerca di una madre surrogato per realizzare il sogno di diventare genitori. E qui entra in gioco Magda (Eliza Rycembel), una giovane lesbica letteralmente scontrata per caso – Nina la tampona con l’auto – che con il suo fascino androgino ammalia subito i due coniugi. Lei potrebbe essere la madre surrogato ideale, l’utero tanto agognato dalla coppia, che inizia a frequentarla quasi come se cercasse più un ménage à trois che un modo per avere un figlio. Ed è proprio dentro una vagina – un’installazione artistica che ricrea l’esperienza di essere dentro un utero – che Nina propone a Magda di portare in grembo suo figlio, la quale declina dicendole che è lesbica (che problema c’è?). La frequentazione assidua fa sbocciare tra le due donne una forte attrazione che esplode una sera, sotto i neon colorati di un gay bar.

Interessanti le premesse così come le tematiche, soprattutto il contrasto tra un Paese cattolico-tradizionalista (non che il nostro sia meglio, tra Family Day e titolisti di Libero), che si riflette nella famiglia borghese di Nina intenta a organizzare il matrimonio della sorella, e il sottotesto individuale alla ricerca di libertà sessuale ed emotiva. Peccato che tutto risulti molto artificiale. A partire dalla coppia formata da Nina, insegnate di francese, e Wojtek, un meccanico, in balia di una noia coniugale che sfiora il disprezzo godardiano, non a caso ultra citato in tutto il film. Entrambi non sembrano convinti della gravidanza sin dall’inizio, elemento secondario un po’ forzato che sembra il pretesto per l’incontro con Magda, a cui pensano di proporre la cosa con una serata a base di alcool e droga…Chi non lo farebbe per selezionare una madre surrogato? Scomparsa la tematica natale, Nina s’innamora velocemente, tanto da abbandonare in quattro e quattr’otto quello che fino al giorno prima doveva essere il padre dei suoi figli, malgrado poi scoprire che Magda è già impegnata con un’hostess che puntualmente tradisce quando questa è in viaggio.

E la lunghezza in questo caso, siamo pur sempre in tema Fish&Chips, non è un merito. Nina dura più di due ore, pesanti da reggere a causa di una sceneggiatura con molte falle e un ritmo flemmatico, alternando silenzi, liti artefatte, sequenze colorate da club (forse le migliori) e poche scene di sesso, molto fredde. Non solo quelle consumate nel talamo nuziale, come ci si potrebbe aspettare, ma anche le sequenze d’intimità tra le due donne la cui miccia della passione si è appena accesa. Chajdas non riesce a incastrare il sottotesto politico-sociale con l’interiorità dei protagonisti; il risultato finale coincide con un melodramma in cui, forse, l’intento è quello di far coincidere l’immagine maschile con il peso patriarcale del suo Paese, in cui si ha il diritto, anzi si è spinti, a procreare, ma non quello di essere aiutati a farlo all’infuori del rassicurante nucleo della famiglia tradizionale. Un diritto debole. Tanto quando la storia di Nina, che, alla fine, decide di reprimere la sua libertà.