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Nightmare – Dal profondo della notte

1994
Titolo Originale:
Nightmare
REGIA:
Wes Craven
CAST:
Robert Englund (Freddy Krueger)
Heather Langenkamp (Nancy Thompson)
Amanda Wyss (Tina Gray)

Il nostro giudizio

Nightmare – Dal profondo della notte è un film del 1984, diretto da Wes Craven.

La storia delle origini di Nightmare – Dal profondo della notte è nota. All’inizio degli anni Ottanta, l’attenzione di Craven era stata catturata da una serie di articoli apparsi sul Los Angeles Times inerenti il decesso, avvenuto durante il sonno, di alcuni adolescenti. Le cause della loro morte non vennero mai chiarite e a rendere ancora più sinistra e inquietante la faccenda si aggiungevano le dichiarazioni dei genitori dei ragazzi, secondo cui questi ultimi erano letteralmente terrorizzati dall’idea di addormentarsi. Dormire, morire, sognare forse…. La vulgata circa la nascita del film non fa menzione, tra le sue fonti più o meno remote, di un paio di testi letterari che è invece altamente verosimile Craven conoscesse e dai quali traesse buon partito: Le porte della percezione di Aldous Huxley e le opere dell’antropologo sudamericano Carlos Castaneda; in particolare questi ultimi, livres de chevet per la controcultura degli anni Settanta e Ottanta, all’interno di una interpretazione alternativa del mondo e degli stati di coscienza che l’uomo è in grado di sperimentare, inquadravano il sogno come una vera e propria realtà parallela a quella della vita quotidiana, ugualmente dotata di concretezza e nella quale è possibile agire e muoversi in maniera consapevole. Non solo. Nei sogni lucidi, il sognatore incontra fatalmente esseri provenienti da altri strati dell’universo, entità predatorie che si nutrono dell’energia umana, traendo alimento soprattutto dalle nostre paure. Heather Langenkamp, alla fine di Nightmare, non fa altro che riconoscere questo legame energetico, simbiotico, che la vincola a Freddy Krueger e a quel punto, forte di tale aumentazione di consapevolezza, è in grado di contrattaccare e di affrontare il mostro architettando la sua guerra (con grandi citazioni da L’ultima casa a sinistra, ma questo è un altro discorso).

Che queste connessioni non siano puro parto di fantasia è, del resto, dimostrato dal fatto che in rapporto con Craven (fu attore in Shocker nel 1989) e con la serie dei Nightmare (era tra gli sceneggiatori di Nightmare 3: I guerrieri del sogno) troviamo Bruce Wagner, strettissimo collaboratore di Castaneda – sull’influsso che il sapere di “Don Carlos” ha esercitato nel cinema, da Oliver Stone ai fratelli Wachowski, si potrebbe scrivere un trattato. Craven rivela un rapporto forte con l’onirico: si laureò con una tesi sui sogni e per anni tenne un diario dei propri, da cui nacquero sia Le colline hanno gli occhi sia La casa nera. Freud, naturalmente, reclama quel che gli è dovuto: il simbolismo dell’inconscio rappresentato dalla fabbrica in cui Freddy si acquatta, tra tubature ritorte, scale spiraliformi, arabeschi ed elementi ferrigni, infuocati e ctonii – con qua è là tocchi buñueliani, stile la capretta belante che incrocia Amanda Wyss nel primo incubo –, non è oscuro, così come sull’inconscio, con altre immagini, portano velari e cortine continuamente squarciate da Freddy per emergere nell’aldiqua o il liquido placentare della vasca da bagno in cui sonnecchia Nancy, prima che l’artiglio di Krueger la trascini nelle “scure acque di sotto” (scena che Craven variò da una precedente, analoga, di Benedizione mortale, dove Marten Jensen subiva l’insidia di un serpente falliforme, e che, fatte le debite proporzioni, ha simmetrie concettuali con Irene Miracle che si cala nella stanza sommersa in Inferno di Argento).

Intellettualmente e filosoficamente più profonda delle altre saghe slasher da Myers a Voorhees – almeno nel suo incipit -, quella di Nightmare ridefinisce i canoni dell’horror della seconda metà del secolo scorso non tanto assumendo come criterio principe l’ubiquità del Male ma facendone campo d’azione e territorio di caccia gli spazi della mente umana, trasformati in luoghi concreti, geometricamente definiti, dove è possibile, in maniera pragmatica, vivere e quindi morire; e specularmente, l’incoerenza del sogno che tracima nella quotidianità, la invade e la fagocita, portando anch’esso la morte. L’universo è tutto una trappola, dentro e fuori da noi. Le grandi intuizioni immaginative scaturiscono di conseguenza, a cominciare proprio dagli omicidi: siano il geyser di sangue che sprizza dal letto di Johnny Depp o il corpo della Wyss che piroetta sul soffitto, straziato dalle lame invisibili dell’assassino.