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Nefarious

2023
REGIA:
Chuck Konzelman, Cary Solomon
CAST:
Sean Patrick Flanery (Nefarious
Edward Wayne Brady)
Jordan Belfi (dottor James Martin)

Il nostro giudizio

Nefarious è un film del 2023, diretto da Chuck Konzelman e Cary Solomon.

A pensarci bene, le idee sono un po’ come la mamma: volente o nolente, tutti ne hanno una. Ve ne sono di grandi e di piccole, di belle e di brutte, di geniali o a dir poco imbarazzanti. A volte, però, alcune idee somigliano a tal punto alla Fede che, se ci si crede sino in fondo, riescono a fare autentici miracoli. Ed è un qualcosa, se non certo di miracoloso, quantomeno di sorprendente ciò che Chuck Konzelman e Cary Solomon sono riusciti a realizzare con questo piccolo e curioso Nefarious , tirando in piedi pressoché dal nulla e con risorse ridotte a ben meno che al proverbiale osso un insolito thriller decisamente poco para e marcatamente più psicologico, capace di prendere di petto un sotto genere ormai fiaccamente abusato come ilpossession movie e di buttarlo senza troppi complimenti dritto in lavatrice, centrifugandolo per benino sino a riportarlo, se non ai vecchi cari splendori, quanto meno a una fresca e corroborante dignità. Il tutto senza che alcuno sboccato insulto ultramondano alle altrui genitrici o fiotto di vomito multicolore giunga per una volta a imbrattare la bianca parete dello schermo. Che sia puro talento o la proverbiale fortuna degli ormai non più giovincelli principianti non è ben chiaro, soprattutto dinnanzi a un prodotto così tanto progressista nella struttura quanto insolitamente conservatore nella sua moralina di fondo. Così smaccatamente pro-vita da non farsi alcun problema nello sbatterci in faccia il suo insegnamento antiabortista e la sua condanna a qual si voglia forma di esecuzione capitale nel mentre in cui l’Inferno, quello vero, inizia letteralmente a scatenarsi sotto ai nostri occhi.

Sta di fatto, comunque, che non tutti sarebbero oggi in grado di ficcare un rampante psichiatra (Jordan Belfi) e un mellifluo serial killer prossimo all’esecuzione (Sean Patrick Flanery) all’interno di un parlatorio, lasciandoli a disquisire di etica, metafisica e teologia per una buona oretta e mezza senza che il demone della noia, sornione e implacabile, inizi a impossessarsi dei poveri arrendevoli spettatori, al pari della non meglio precisata mefistofelica entità che il novello Jeffrey Dahmer afferma abbia preso dimora fissa nel suo maligno (e a breve ben fritto) cervellino. Dr. Martin ed Ewdard Wayne Brady: l’uno il Bene, l’altro il Male; l’uno la Ragione e l’altro la Fede. Il primo, cinico e sprezzante, chiamato a valutare la sanità o l’infermità mentale di un Dead Man Walking la cui sentenza appare sempre più in bilico. Il secondo, inquietante e manipolatorio, convinto invece di essere nientemeno che la personificazione del satanasso Nefarious , diabolico sgherro di Sua luciferina Malevolenza in persona, pronto a ingaggiare con il proprio clinico confessore una tesissima querelle retorica con cui dimostrare la bontà (o malignità) delle proprie affermazioni. Arrivando addirittura ad annunciare al suo incredulo avversario come, ben prima dell’evangelico triplice canto del gallo, la bellezza di tre omicidi verranno commessi proprio da quest’ultimo dentro e fuori le arrugginite sbarre dello stramaledetto penitenziario, senza che una sola gocciolina di acqua santa venga inutilmente versata o alcun poderoso crocifisso sbandierato ai quattro venti.

È dunque fondamentalmente uno psycho-dramma da camera (anzi, da cella ) quello imbastito dal duo Konzelman-Solomon attraverso una tagliente e ben congegnata sceneggiatura a orologeria che, pur dovendosi piegare alle esigenze evidenti di asciuttezza tipiche di un qualunque prodotto indie , riesce comunque a costruire con risultati ben più che discreti un piccolo concentrato di suspense e profonde riflessioni teologico-filosofiche – a dire il vero quasi mai stucchevoli o pretenziose – interamente sviscerate dall’implacabile braccio di ferro verbale a suon di campi e controcampi che vede i nostri due improbabili guerrieri al centro di questa asfissiante interrogation room. Un ring tanto meta quanto fisico , entro il cui confine la differenza fra ciò che è reale e la pura e semplice casualità finisce inevitabilmente per fondersi e confondersi, per lo spettatore così come per il sempre più dubbioso tutore dell’atea e cristallina razionalità. Ed è così che Nefarious finisce via via per trasmutarsi in qualcosa di non così ben definito, trascinando il suo destabilizzato co-protagonista in una progressiva crisi spirituale ancor prima che professionale. Giungendo proprio alle soglie di quell’ostico impasse che, tanto nel processuale Esorcismo di Emily Rose quanto nell’ultimo esoterico capitolo della The Conjuring saga, poneva a tal punto la Fede dinnanzi alla Ragione da invocare l’improbabile assoluzione dell’espiatorio (e assatanato) capro di turno, reo di aver commesso il misfatto solo e soltanto Per ordine del diavolo .