Featured Image

Moonage Daydream

2022
REGIA:
Brett Morgen
CAST:
David Bowie (se stesso)

Il nostro giudizio

Moonage Daydream è un documentario del 2022, diretto da  Brett Morgen.

Dall’immagine della locandina e dal suo titolo, che è poi lo stesso dello storico terzo brano dell’album Ziggy Stardust, il lavoro di Brett Morgen (già noto per il blasonato Montage of Heck incentrato su Kurt Cobain) potrebbe passare per un altro dei tanti documentari sull’epica figura di Bowie, tra i quali hanno senz’altro saputo contraddistinguersi, dopo il di lui trapasso a inizio 2016, The Last Five Years e l’altrettanto coinvolgente David Bowie: Finding Fame (concernenti l’uno la realizzazione degli album finali The Next Day e Blackstar, l’altro il periodo dei tardi anni Sessanta del cantante, da cui la strada per il vero successo). In realtà, Moonage Daydream, già acclamato in anteprima a Cannes 2022, celebra anch’esso e in modo compiuto l’essenza di David, anche se lo fa schivando il metodo didattico e informativo tipico del più classico lavoro documentaristico, optando invece per un viaggio sensoriale dal ritmo serratissimo, cosa affatto semplice in due ore e un quarto di proiezione. Un continuum di suoni e visioni, insomma, che non dà spazio a cadute di tono e in cui la voce narrante è la stessa di David, colui che dal profondo dell’anima si definisce umilmente un collezionista di idee, perennemente stimolato dall’arte e da una continua e irrefrenabile necessità di comprendere la posizione del suo essere nell’universo, sia sul piano esistenziale che su quello prettamente spirituale. Il tutto nella consapevolezza che “non esiste una vera fine”, poiché in tutto vi è continuità.

In principio, prima di dare concretezza a Moonage Daydream, Morgen aveva pensato a un film su e con Bowie, immaginando il medesimo bloccato all’era Ziggy e catapultato in una Berlino dei giorni nostri a eseguire i suoi vecchi classici in locali di quart’ordine. Scartata questa idea (accolta però con simpatia, dice Morgen, da un Bowie ancora in vita), il filmmaker americano, originario di Los Angeles, ha poi cominciato a costruire qualcosa di completamente differente e nel fare ciò ha avuto il privilegio di metter mano agli archivi ufficiali dell’icona britannica, potendo pescare da un’infinità di reperti non soltanto visivi ma anche fisici. Due anni li ha impiegati solamente per digitalizzare e raccogliere il materiale a lui necessario; altri due per esaminarlo attraverso estenuanti giornate di lavoro, interrotte soltanto da un infarto da cui sarebbe infine riemerso dopo una settimana passata in coma. Moonage Daydream è in parte un composto di cose già viste (spezzoni di concerti, videoclip) attraverso cui si fanno largo rarità visive notevolmente corpose e mai rese note prima d’ora al pubblico. Affreschi inediti di un Bowie protagonista in teatro (nel dramma The Elephant Man), raggiante e biondo platino (periodo Let’s Dance) durante un viaggio asiatico, o ancora, all’opposto, in pessima salute (seppure al top della performance) sul palco del Diamond Dogs tour: così spaventosamente esile da sfiorare l’anoressia (l’epoca in questione coincide del resto con uno dei suoi periodi di massima dipendenza da cocaina farmaceutica, privazione di sonno e disordine alimentare).

E nel toccare anche la sfera più personale e privata del camaleontico artista (l’aridità del rapporto coi genitori; la schizofrenia del fratello maggiore Terry; il matrimonio con la modella Iman, rimasta al suo fianco sino alla fine), le immagini si incuneano lungo i suoi mondi complessi e infiniti, parentesi mainstream compresa (cioè quando il nostro, trasformatosi in una popstar globale, acconsentì persino di apparire con Tina Turner nello spot Pepsi del 1987). Sostanzialmente ignorata, con grande rammarico da parte di chi scrive, è tuttavia la fase Thin White Duke concatenata a Station To Station, che del compianto è tra i lavori in assoluto più consistenti e affascinanti. Moonage Daydream resta in ogni caso e indubitabilmente un dono ai fan maestosamente totalizzante, da assorbire e riassorbire. “Non è mai stato progettato per essere un film su David Jones”, ha così asserito Morgen, facendo sfoggio del nome di battesimo di Bowie. “E ogni qualvolta il suo essere occupa lo schermo si tratta di un momento performativo, che è esattamente ciò che lui aveva sempre cercato di catturare”. Non a caso, una delle tante lezioni che ci impartisce l’immenso David Bowie è che della vita non va sprecato nemmeno un minuto.