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Monstrous

2022
REGIA:
Chris Sivertson
CAST:
Christina Ricci (Laura)
Santino Barnard (Cody)
Colleen Camp (Mrs. Langtree)

Il nostro giudizio

Monstrous è un film del 2022, diretto da Chris Sivertson.

Se è vero che, come recita il titolo della celeberrima acquaforte di Goya, “il sonno della ragione genera mostri”, allora dal pisolino di una mente disturbata non c’è ovviamente da attendersi nulla di altrettanto buono. Ed è forse per questo che la stessa Christina Ricci, in un inquietante primissimo piano distorto dal grandangolo, rivolgendo dritta in macchina il suo terrificante sorriso ci ricorda, già nei primissimi secondi, che il tempo del sogno è giunto al temine e che sì, è ora di svegliarsi! Forse proprio per evitare che le viscide, striscianti e mostruose creature che popolano, per nominale estensione, l’universo di Monstrous possano irrimediabilmente squarciare il velo di Orfeo e riversarsi a frotte in una zuccherosa realtà anni ’50 tutta sorrisi, auto cromate color pastello e tramezzini tagliati in perfetti triangoli equilateri. Quegli stessi anni ’50 che, cullati dalle frizzanti note e dalle sibilline parole delle Chordettes di Mr. Sandman, ospitavano sui loro grandi e piccoli schermi i suggestivi incubi filmici a costo quasi zero di Jack Arnold, William Cameron Menzies e, ovviamente, dell’immortale Corman.  Ed è in un certo senso proprio a questa filosofia di orrore “al risparmio” fatta di poche chiacchiere e molto distintivo che l’ultima interessante fatica del finalmente redivivo Chris Sivertson sembra guardare con particolare simpatia: una manciata di personaggi, una sola location e, cosa più importante, effetti speciali (forse) volutamente pedestri, lasciando che il non detto e soprattutto il non visto lavorino alacremente per colmare l’oscuro mistero che (forse) si cela, ancor prima che nella stessa sceneggiatura, dietro gli angoli bui e alle inquietanti ombre in agguato dietro a scricchiolanti finestre.

Quelle stesse finestre che, così come le demoniache inferiate dell’ormai ben nota Amityville, sembrano (forse) attendere la giovane Laura (Christina Ricci) e il di lei figlioletto Cody (Santino Barnard), fuggiti in fretta e furia in quel dell’assolata California per sottrarsi (forse) a un marito e padre violento. Il nuovo lavoro di dattilografa in un’America più che mai maschilista e l’inevitabile difficoltà a coltivare nuove amicizie scolastiche, unite a una coppia di padroni di casa non particolarmente accoglienti nei confronti dei forestieri, renderanno il nuovo soggiorno dei nostri non certo il balsamo ideale per alleviare la sofferenza di un non ben specificato trauma, le cui ferite appaino (forse) ancora vive e pulsanti. Ed è proprio in questo tesissimo clima passivo-aggressivo da Guerra Fredda interiore che, come se non bastasse, le sopracitate viscide, striscianti e ovviamente mostruose entità (forse) provenienti dalle oscure e gelide acque del laghetto adiacente alla tenuta inizieranno a turbare la già precaria quiete domestica. Esattamente come l’apocrifa creatura della laguna nera che la nevrotica Laura adocchia distrattamente sul suo desaturato tubo catodico da venti pollici scarsi, tra una réclame di detersivo per piatti ripetuta (forse) come un catartico mantra e l’insistente squillo di un telefono giallo canarino al quale (forse) pare non si voglia dare alcuna risposta.

Tanti, troppi “forse” sembrano aleggiare sulla scarsa oretta e mezza di questo Monstrous, fomentando un’incalzante e spasmodica attesa per il dissiparsi di un criptico mistero che quasi fin da subito pare incrinare dall’interno la colorata e tutt’altro che spensierata Pleasantville nella quale madre e figlio sembrano essersi rifugiati. Un mondo chiuso, protetto e a suo modo rassicurante, nel quale il troppo repentino e – ancora una volta forse – troppo plateale palesarsi di un elemento mostruoso e soprannaturale viene percepito come indizio di un qualcosa di ben più losco e marcio intento a covare sotto il tappetino di lana rosa. Più i minuti passano, infatti, più l’opera di Sivertson dimostra una fortissima assonanza, ben più che semplicemente nominale, con quel piccolo gioiellino che è il The Monster di Bryan Bertino, poiché in entrambi la presenza di un’oscura e ferina entità di natura apparentemente sovrannaturale non rappresenta altro se non la personificazione allegorica di un rapporto genitoriale-filiale in profonda crisi e prossimo ad implodere su sé stesso. Tuttavia, in questo caso, l’autore del folle The Lost e di quel cultissimo All Cheerleaders Die ideato assieme al pazzo amicone Lucky McKee riesce ad andare ancora più a fondo, attraverso un twist finale in effetti forse non proprio così fresco e pimpante ma che, ad appena dieci minuti dai titoli di coda, prova a riscrivere quasi integralmente le coordinate del racconto, presentarcelo sotto una nuova luce tematicamente differente ma ugualmente oscura ed inquietante. Si perché, se mai la serialità televisiva abbia avuto qualcosa di veramente valido da insegnare al cinema, stavolta è proprio il caso di dire che la lezione di WandaVision non passerà certo inosservata a chi saprà coglierla e farla propria. Pe tutti gli altri, invece, un rapido rewatch al recente The Twin – L’altro volto del male e, come si sul dire, passa la paura!