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Mondo Sexy

2019
Titolo Originale:
Mondo Sexy
REGIA:
Mario Sesti

Il nostro giudizio

Mondo Sexy è un film del 2019, diretto da Mario Sesti.

Una locandina umana, una performer di body painting che si aggira per l’Hotel Excelsior del Lido durante la 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia per pubblicizzare la proiezione del film Mondo Sexy di Mario Sesti. Il docufilm propone un viaggio nel mondo dello strip-tease e della vita notturna degli anni ‘60. Presentata alle Giornate degli Autori, nella sezione indipendente della mostra, la pellicola, grazie al montaggio fitto e incalzante di sequenze tratte dai documentari erotici, introduce al cosiddetto genere ‘Mondo Movie’ che annovera titoli come Notti e donne proibite, 90 notti in giro per il mondo, Super Sexy 64. Si tratta, per lo più, di rappresentazioni erotiche ambientate in luoghi esotici quasi sempre curiosamente ricostruiti. Una forma di turismo cinematografico, un tour sensuale tra Parigi e New York, Tokyo e Londra. Tutto ha inizio nel 1958 con Europa di Notte di Alessandro Blasetti, uno dei padri fondatori del cinema italiano. Da questo film in poi è stata una sequenza di titoli di genere come Mondo Notte 1,2,3; Mondo Caldo 1,2,3; Mondo Sexy al Neon 1,2,3. Il documentario di Sesti riporta alla luce e dà nuova vita a un repertorio erotico lontano anni luce dalla modernità a cui ci ha abituato il cinema contemporaneo ma, soprattutto, internet. Sempre più ridotta, oggi, la discriminante fra erotico, porno e post porno e resi fluttuanti i generi, non solo cinematografici, a Sesti dobbiamo una ripresa forte e chiara del nudo nella sua veste originale. Originale come il peccato che, secondo la tradizione cristiana, ha catapultato l’uomo dall’Eden nella dimensione terrena costringendolo a vestirsi.

Sarà forse da questo antefatto che deriva il potere dello strip-tease? Oppure lo spogliarello è una pratica di esorcismo che somministra il corpo spogliato allo spettatore per immunizzarlo, come afferma Roland Barthes? In qualsiasi caso, il genere ‘Mondo’ degli anni 60 si rivela un genere fortunato per molti registi. Mino Loy con 105 film al suo attivo, di cui 3 sexy (dai mondo movie ai cannibal movie passando anche per gli spaghetti western) ne è convinto e ci mette la faccia nel docufilm in questione: “Con 30 milioni di vecchie lire e una troupe ridotta riuscivamo nel nostro intento: portare il pubblico a vedere ciò di cui si nutre il desiderio, anche in templi quali il Crazy Horse di Parigi” conferma il produttore e regista sardo “In quegli anni era possibile anche accendere una telecamera e riprendere spettacoli dal vivo”. Protagonisti indiscussi dello spogliarello anni sono ‘60 sono i corpi di donna estranei alle pratiche di chirurgia estetica, ai tatuaggi, alla depilazione. In una parola, all’omologazione. Unica alterazione, ma non sempre, quella del colore della pelle quando, per portare in scena un corpo africano, si usavano talvolta ballerine bianche pitturate da nere. Mondo Sexy ha il pregio di restituire allo spettatore una compilation di immagini dove appare tutto e, improvvisamente, il contrario di tutto. Un mondo fatto di particolari che vorremmo ancora attuali. Come la coppa di champagne al posto del flûte per servire le bollicine; la lingerie piuttosto che la biancheria intima; l’allusione in cambio della cruda realtà.

Il tema a tutti caro della censura si riassume nell’odierno algoritmo di Facebook: niente capezzoli, niente genitali. L’unica differenza è che nel cinema anni’60 le donne di colore possono essere (e sono) filmate a seno nudo. La stessa luce, invece, la ritroviamo nello sguardo degli uomini che osservano, ieri come oggi, il rito dello striptease. Come pesci degli abissi che vedono solo ciò che riescono a illuminare. L’alfa e l’omega del punto di vista maschile: da una parte l’ansia che si fa forza di controllo del corpo femminile, dall’altra la visuale di un bambino e la sua meraviglia. Da una parte una passerella di corpi di donne, dall’altra l’unicità del corpo della madre. Guardare è toccare qualcosa a distanza. Senza il rischio di compromissioni. Sguardi molteplici e contraddittori. Voyeur e voyeurismo. Il maschile che nel docufilm di Sesti è rappresentato, in due scene: l’euforia di un dobermann che guarda eccitato la spogliarellista e le forme di un clavicembalo muto intorno al quale danzare in maniera sensuale. Fin qui tutto bene. Peccato che Sesti, non si sa se per convinzione o per convenienza, cada nel politicamente corretto e occhieggi al movimento Me Too, conceda spazio all’intellettuale di turno che si spinge a coniare e praticare il neologismo ‘psico-burlesque’, quasi a voler giustificare una delle conquiste più eclatanti del femminismo: ‘il corpo è mio e me lo gestisco io’. E invece no: se una donna recita e si spoglia, nella finzione come nella realtà, pare debba sempre essere vittima. E occorre scandagliarne la psiche. A questo punto non ci resta che citare Freud che, a chi gli chiedeva cosa significasse per lui il sigaro che fumava abitualmente, rispondeva, sfinito: “Un sigaro”.