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The Mole Song: Undercover Agent Reiji

2013
Titolo Originale:
Mogura no uta – sennyu sosakan: Reiji
REGIA:
Takashi Miike
CAST:
Toma Ikuta (Reiji Kikukawa)
Shinichi Tsutsumi (Masaya Hiura)
Takashi Okamura (Issei Nekozawa)

Il nostro giudizio

The Mole Song: Undercover Agent Reiji è un film del 2013, diretto da Takashi Miike.

Reiji Kukukawa è una scarsissima recluta della polizia giapponese, tanto che il suo superiore lo licenzia per usarlo come talpa. Non appartenendo più al corpo potrà infiltrarsi in una gang yakuza e aiutarli a catturare il boss. Superato un breve addestramento Reiji comincia la sua scalata nella malavita, stringendo amicizie durature e guadagnandosi in poco l’odio della gang rivale. Quando scopre di essere in mezzo allo smercio di un grande carico di droga decide di avvertire la polizia e cercare di incastrare i malavitosi.

Folle Miike. Un Miike smisurato, quello di The Mole Song: Undercover Agent Reiji, che, ormai indifferente alle norme del buongusto cinematografico, anche le sue, si scatena senza remore. Ma non aspettatevi orge di ultraviolenza. Non questa volta. Semmai un film libero, provocatoriamente libero e inventivo, che svolge e avvolge il nastro del racconto, come se il cervello degli spettatori fosse una pallina antistress da stringere a proprio piacimento. Se la traccia del plot, poliziotto infiltrato nella yakuza, non brilla per originalità, di certo sorprende ancora una volta l’instancabile energia con la quale Miike rinnova il genere. Portando sullo schermo le oltraggiose invenzioni del manga d’origine, Miike mette a dura prova i limiti della tenuta del film di genere.

Come se il cinema non gli bastasse più. è come se Miike fosse tornato dalle parti dei Katakuris per girare il quarto capitolo di Dead or Alive. Lungo oltre due ore, Miike cambia più volte registro e nel finale si fa più serio quando si tratta di riflettere su come sono cambiati i valori alla base della yakuza. Tant’è vero che la polizia si allea con la yakuza che non spaccia droga per porre fine a un commercio di pillole assassine. Come uno sperimentatore il cui cuore si è felicemente arenato nel mondo antico dei valori nipponici tradizionali, Miike offre un saggio di cinema indisciplinato che costringerà anche i suoi fan più devoti a ripensare il cinema del prolifico maestro giapponese. Non è un male. Anzi.