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Mimesis

2006
REGIA:
Roger A. Fratter
CAST:
Tanya Scott (Lisa / Roxy)
Saba Wesser (Linda)
Margherita Di Sarno (Anna)

Il nostro giudizio

Mimesis è un film del 2006, diretto da Roger A. Fratter.

Produzione di metà carriera di Fratter, a cui il regista bergamasco approda dopo una serie di titoli sempre e comunque orbitanti nell’alveo del filone thriller – ora declinato in chiave più schiettamente horror, ora più colorato di giallo – contenente elementi esoterici o magari sexy, ma comunque rivolto con affetto e rispetto alla lezione impartita dai Maestri del cinema di genere, nostrano e non, dei decenni passati. Tra i film di Fratter questo colpisce particolarmente per la qualità tecnica di realizzazione. Non che altri suoi titoli siano da considerarsi scarsi sotto quest’aspetto (tutt’altro, c’è molta inventiva nelle mani di Fratter) tuttavia, magari grazie ad un budget più elevato o ad un contingente stato di grazia, Mimesis sembra avere una spinta particolare per quanto riguarda il tratto meramente registico, dal taglio elegante e persino un po’ patinato. Si ha meno il senso di una sofferta e accidentata produzione indipendente, costretta a battagliare fotogramma per fotogramma con costi obbligatoriamente risicati; semmai si avverte un respiro più alto, più mainstream, alla pari (se così si può dire), delle pellicole “regolari” che escono nelle sale cinematografiche. Quanto detto conta tanto più se si considera che invece il cuore del film (e dello stesso Fratter) batte per l’universo marchiato con la lettera “B”.  Segni e linguaggi, forma e contenuto, sono quelli delle filmografie dei Luciano Ercoli, dei Sergio Martino, dei Fulci, ecc. (la lista potrebbe continuare a lungo), e la scommessa di aver mantenuto attuale e ancora accattivante quella lezione è una soddisfazione che Fratter regala a sé e al popolo cinefilo che con lui coltiva la passione per la vecchia guardia.

Siamo in pieno thriller erotico (lesbo-erotico per essere precisi, poiché praticamente tutte le scene sexy riguardano esclusivamente protagoniste femminili, sole o accompagnate). La giovane Lisa (Tanya Scott… un omaggio alla indimenticabile Susan?) è in cerca della sua gemella Roxy, scomparsa da tre mesi circa. Roxy condivideva un appartamento con due coinquiline, l’esotica e ambigua Linda (Saba Wesser) e la limacciosa Anna (Margherita Di Sarno). Si afferra subito che Roxy era un tipo estroso, trasgressivo e dai gusti “particolari”, Linda non ci mette troppo a farlo capire a Lisa. Assistiamo dunque ad una vera e propria discesa nel maelstrom da parte di Lisa; la ragazza, titubante e incerta, si addentra sempre più in profondità nel mondo appartenuto alla sorella, scoprendolo popolato di personaggi morbosi, geometrie corrosive e tante zone d’ombra. Lisa diventa sempre più una specie di Norman Bates, la cui già precaria stabilità emotiva (comprensibilmente dovuta al dolore per la scomparsa della gemella) viene ulteriormente messa alla prova da un ambiente minaccioso, stratificato, nel quale violenza e ossessione dominano. L’orlo di un abisso disordinato e frastornante che smonta mattone per mattone la determinazione e la solidità psicologica di Lisa. L’identificazione (la mimesi) con la gemella sarà una deriva inevitabile.

Come accade sovente nei film di Fratter, non importa poi troppo quanto il racconto sia lineare e cristallino, quanto i fatti siano consequenziali e didascalicamente offerti a chi guarda; Fratter non si cura maniacalmente che tutti i dettagli tornino e che da A si arrivi a C passando per B; i pallini del regista sono le atmosfere, i colori, le vibrazioni, l’humus nel quale la vicenda attecchisce e produce la sua fioritura. E come altrettanto di sovente accade, Fratter non si risparmia nella scelta di attrici molto avvenenti. Mimesis è una storia al femminile, nella quale i personaggi maschili sono poco più che contorno (eccezion fatta per il disegnatore pazzoide interpretato da William Carrera, un po’ più esposto degli altri), un thriller in cui curiosamente Fratter sceglie di non mostrare quasi nessuna morte (quasi…), decidendo di fermarsi sempre un attimo prima, andando con lo schermo a nero e lasciando che lo spettatore ascolti anziché vedere dal vivo. Così come nei vecchi film di genere italiani non mancava mai una bottiglia di JB (un marchio doc di affiliazione), in quelli di Fratter arriviamo sempre al punto in cui compare una copia della rivista Nocturno, rituali divertenti che servono anche a far appassionare il pubblico alle piccole manie dell’autore, e a rendere il dovuto tributo alla gloriosa rivista cinefila. Altra curiosità, ritroviamo il “professore” Marco Giacinto D’Aquino (docente universitario de Il Professore, di Sergio Zanetti), anche qui accademico, accreditato come Marco Pellifroni, evidentemente a suo agio con il ruolo di eminente cattedratico (e con le belle figliole, visto che stavolta esamina la Wesser).