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Men

2022
REGIA:
Alex Garland
CAST:
Jessie Buckley (Harper Marlowe)
Rory Kinnear (Geoffrey)
Paapa Essiedu (James Marlowe)

Il nostro giudizio

Men è un film del 2022, diretto da Alex Garland.

Harper (Jessie Buckley) è appena uscita da una terribile tragedia che, come ci rivelano i flashback che di tanto in tanto interrompono la vicenda, ha segnato la donna nel profondo. Il marito infatti, in seguito a una lite in cui lei gli aveva annunciato di volerlo lasciare, si getta davanti ai suoi occhi dal balcone. Per superare il trauma, Harper si trasferisce da Londra in una casa isolata nel bel mezzo della campagna. Il percorso di riabilitazione subisce però un incidente di percorso quando Harper, durante una passeggiata in campagna, vede da lontano un uomo nudo. L’uomo la seguirà fino a casa, costringendo Harper a chiamare la polizia. Lo stalker uscirà poco dopo di prigione e non sarà l’unico elemento della comunità a comportarsi in modo strano con lei, mettendola alla prova per confrontarsi con i suoi sensi di colpa per la morte dell’ex marito.

Il nuovo film di Alex Garland, al suo terzo lungometraggio dopo Ex-Machina e Annientamento, con una pausa in cui ha scritto e diretto per il canale streaming Hulu la miniserie Devs, sfocia definitivamente nell’horror. D’altronde Garland viene elencato dalla critica americana come uno dei quattro moschettieri, in compagnia di Ari Aster, Robert Eggers e Jordan Peele, di quello che viene definito elevated horror, ossia un filone fortemente autoriale in cui il genere viene manipolato per trattare temi alti, che siano filosofici o sociali. Nel manipolo degli autori citati, Garland è sicuramente la personalità più sfuggente, che gioca con le intersezioni dei generi, in particolare tra la fantascienza e il thriller, per creare inquietudini a partire dai contrasti, inserendo l’elemento insolito, mostruoso, all’interno di un contesto familiare e rassicurante. Se in Ex-Machina la frizione era data dall’effetto straniante dell’umanità del robot e in Annientamento dagli orrori baconiani in simbiosi con la nuova natura, Men contestualizza la vicenda nella bellezza della campagna inglese, che nella tradizione britannica del genere è un luogo in cui l’assenza del progresso permette al soprannaturale di sopravvivere. Attorno alla villa isolata in cui Harper tenta di riprendersi dal trauma, il bosco, che dovrebbe offrire un contatto benefico con la natura, diventa nelle mani di Garland un incubo a cielo aperto, con cascine abbandonate e tunnel verso il nulla che sembrano celare orrori e apparizioni inquietanti.

Il ritmo, soprattutto nella parte iniziale, è contemplativo e Garland si prende tutto il tempo per costruire i suoi personaggi e, soprattutto, i paesaggi, cosa che giustifica pienamente l’etichettatura del suo stile all’interno dell’ombrello dell’elevated horror. Al contrario di alcuni suoi colleghi però, Garland non ritarda all’inverosimile il punto del suo messaggio per non apparire troppo semplice ed esplicita, pur tra simbolismi e sottotesti, sin dal titolo del film il nervo centrale su cui l’opera si attorciglia, ossia lo scontro con il maschilismo tossico. Il mostro con cui Harper dovrà combattere è il genere maschile, infettato a suo modo dalla cultura patriarcale che si impone nello stile di vita e nel modo di pensare. Garland qui è molto chiaro e cita persino la religione e la Bibbia come corresponsabili, insieme alle altre istituzioni sociali, nell’aver addossato la colpa di ogni peccato alla donna. Harper diventa quindi simbolo della riscossa femminile, paladina del nuovo femminismo ed eroina in prima fila contro il mostro per eccellenza, l’uomo che opprime con la violenza, la forza della propria autorità o semplicemente con sottili meccanismi psicologici. La lotta è un bagno di sangue che sfocia nel finale in sequenze da body horror, indimenticabili per i fan, che siano uomini o donne: perché Men inquieta a più livelli.