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Mektoub, My Love: Canto Uno

2017
Titolo Originale:
Mektoub, My Love: Canto Uno
REGIA:
Abdellatif Kechiche
CAST:
Shaïn Boumedine (Amin)
Ophélie Bau (Ophélie)
Salim Kechiouche (Tony)

Il nostro giudizio

Mektoub, My Love: Canto Uno è un film del 2017, diretto da Abdellatif Kechiche.

Mektoub, My Love: Canto Uno è un film magico, ipnotico, per certi versi indecifrabile. Persino ecumenico («Dio è la luce del mondo», recita il cartiglio iniziale citando versetti sia della Bibbia che del Corano). Splendidamente fotografato dal giovane Marco Graziaplena, già allievo del Centro Sperimentale di Roma, il film di Abdellatif Kechiche (Cous Cous, Venere nera e, soprattutto, La vita di Adele), è stato accusato di sessismo per Mektoub, da parte, soprattutto, di certa stampa spagnola. Ci risiamo: Kechiche c’è abituato, dopo le polemiche post-Cannes, dove si aggiudicò la Palma d’oro 2013 per La vita di Adele laddove le ineguagliabili scene saffiche vennero bacchettate da Julie Maroh, la fumettista alle cui opere si ispirava il film, e persino dalle stesse protagoniste Adèle Exarchopoulos e Lea Seidoux che si lamentarono per i troppi ciak delle scene più calde. Mektoub ovvero “destino” (primo tempo di una saga che ne prevede tre, il secondo già girato) si apre con uno splendido controluce del protagonista Amin (il bello e serafico Shaïn Boumedine) che pedala sulla spiaggia di Sète, cittadina occitana in cui è nato da famiglia tunisina, prima di trasferirsi a Parigi per studiare. Un controluce volutamente controcorrente rispetto alle regole canoniche e che già annunzia le caratteristiche anarchiche del film. Ribadite da quella successiva: Amin sta andando a far visita alla sua amica d’infanzia Ophélie (una strepitosa Ophélie Bau), ma la trova impegnata in una fantasmagorica scopata con il suo amante: una lunga scena magistralmente girata nella sua sudata e realistica corporalità. Amin non se lo aspetta, ma anche lo spettatore non se lo aspetta. Non immaginava, Amin, che Ophélie, di cui (forse) è innamorato sin da bambino, se la spassi con Tony (Salim Kechiouche), il suo cugino sciupafemmine, soprattutto perché la prosperosa ragazza è fidanzata e promessa sposa di un altro membro della comunità, attualmente in missione militare in Medio Oriente.

Amin, però, non è il tipo che si scandalizza. Manterrà la forte amicizia-attrazione con Ophélie e si reinserirà nella nutrita comunità tunisina dove tutti sono parenti e che fa base al ristorante Le soleil d’Hammamet dell’arrapato zio Kamel (Kamel Saadi). Da qui si snodano le vicende amorose dei giovani locali e delle turiste francesi (doc) in vacanza, fra cui due amiche di Nizza, Céline e Charlotte (Lou Luttiau e Alexia Chardard). E sempre da qui ha inizio un tourbillon di serate in discoteca, grandi bevute, ubriacature, amoreggiamenti e divertimento spensierato e continuato. Senza droghe: il divertimento, per Kechiche, è spensieratezza giovanile, joie de vivre allo stato puro. L’esatto opposto delle Olgettine di Loro. Il film si svolge nel 1994 («L’ambientazione temporale degli anni Novanta nasce dal fatto che per capire il secolo in arrivo, bisogna entrare negli ultimi anni di quello precedente», ha detto Kechiche. «Un’epoca, quella, in cui si viveva in modo più armonioso». E proprio l’armonia è il fil rouge che tiene uniti questi ragazzi. Il film dura quasi tre ore e, nei primi sessanta minuti, i dialoghi fra loro (volutamente) vacui e fatti di sorrisi e risatine, cominciano ad allarmare, al punto da far temere una sorta di Moccia-story in salsa franco-tunisina. Ma, ovviamente, non è così: superata la fase iniziale, la strenua voglia di andare avanti ti fa comprendere che non sono le parole, ma i corpi, a coltivare l’humus di Mektoub, My Love: Canto Uno.

Ed è anche questo uno dei tanti meriti del regista franco-tunisino: comunicarti sensazioni forti anche attraverso situazioni apparentemente banali. Come lo scatenamento finale in un locale di disco-music dove tutto il gruppo si ritrova e dove sono le donne, e solo le donne, predominanti anche numericamente, che guidano e comandano attraverso i propri corpi e seducono con straordinari twerking. Una scena, questa della discoteca, freneticamente fotografata e straordinariamente coinvolgente, con le fanciulle ubriache perse e felici che non si negano neppure vaghi approcci lesbici e si scatenano sulle note a tutto volume di You Make Me Feel di Sylvester. Amin, che è un fotografo in erba oltre che aspirante sceneggiatore, raggiungerà il gruppo solo a tarda notte, dopo aver atteso pazientemente, nella fattoria di Ophélie, la nascita di un agnellino, per poter immortalare l’evento, condito dalle note di Mozart. Non voglio privare, infine, i lettori di Nocturno di un’imperdibile citazione: quella di Aldo Maccione, imitato da Tony per far colpo sulle ragazze, nella sua tipica marche du séducteur, la camminata che lo rese famoso. Per produrre Mektoub, My Love: Canto Uno Kechiche ha messo in vendita persino la Palma d’oro che aveva vinto nel 2013 per La vita di Adèle. E indubbiamente ne è valsa la pena.