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Matrix Resurrections

2021
REGIA:
Lana Wachowski
CAST:
Keanu Reeves (Thomas Anderson / Neo)
Carrie-Anne Moss (Tiffany / Trinity)
Yahya Abdul-Mateen II (Morpheus)

Il nostro giudizio

Matrix Resurrections è un film del 2021, diretto da Lana Wachowski.

Matrix Resurrections, o se volete Matrix IV, al di là dei criteri qualitativi, ci permette di fare alcune riflessioni sul tempo che stiamo vivendo e confrontarlo con gli anni in cui uscì la trilogia dei fratelli, ora sorelle, Wachowski. Poco prima che finisse il millennio, e con esso il mondo che pensavamo di conoscere, tra Millennium Bug e apocalissi più tradizionaliste, Matrix arrivò al culmine di un’escalation di grandi film speranzosi e apocalittici insieme, in grado di unire avanguardia tecnologica e spettacolo, contenuti sociali e intuizioni d’autore. Parliamo di Johnny Mnemonic, Strange Days, L’esercito delle 12 scimmie, tutti usciti nel 1995 e che sembravano sbirciare con grande lucidità visionaria oltre la cortina millenaria che stavamo guadagnando pippando tabacco e zuzzurellando di Internet e globalizzazione. Matrix condusse il pubblico, così come fece Existence di Cronenberg lo stesso anno, dalle parti già paventate da Cameron tra il 1982 e il 1995 (il conflitto uomo-macchine e quello tra realtà e virtualità) ma in un’ottica più sghicia e spericolata. Matrix scrollò via le macerie di Terminator e le visioni squiddate della Begalow e piazzò nella testa della Generazione X il primo tassello di una nuova visione cinematica. Peccato che già in Reloaded e poi nel conclusivo Revolutions, l’azione e gli effetti speciali si sbrogliarono via dal discorso intellettuale per buttarla in caciara nell’epica dei calci volanti e gli inseguimenti infiniti, le contaminazioni ostentate da cinefilia bassa e i giri sensoriali al limite delle possibilità tecnologiche, con un finale positivo davvero deludente.

Dal 2003, con la chiusa della trilogia e la dichiarazione dei Wachowski di non voler più rimettere mano alla saga, Matrix è invecchiato abbastanza bene, rappresentando per gli storici del cinema l’emblema di un periodo di passaggio tra post-moderno intellettuale e ludocinema da pop-corn, un periodo che transumò dalle inquietudini depresse degli anni 90 al disimpegno censorio post 11/9. Il ritorno oggi, in un’epoca già sprofondata nella sbornia vintage e per ora non influenzata particolarmente dalla realtà pandemica, è l’ennesimo rilancio di un franchising, nostalgico, prevedibile e per certi versi un po’ sfigato, visto che la reunion del cast è parziale e persino alla regia e alla gestione del progetto risulta solo una delle sorelle Wachowski, Lana. Il rilancio di Matrix, con un reboot o qualsiasi altra diavoleria produttiva era già in cantiere, probabilmente quindi una delle due madri ha pensato che fosse meglio occuparsene direttamente, così da impedire uno scempio a opera di qualche rampante registucolo odierno e sceneggiatori del tutto estranei e interessati solo di bombastizzare un modello già pompato all’inverosimile di suo. Ne esce Matrix Resurrections, che non delude gli amanti della serie originale ma che non aggiunge granché. Di certo non ha chiamato il pubblico a frotte come capitò vent’anni fa. Matrix aveva ragione di esistere in quello specifico periodo storico, oggi è solo criogenia. Non è possibile vedere un film che invece di ballare al bordo dell’ignoto avvenire, come fece soprattutto il primo capitolo della saga, si gira indietro e sospira, tipo Rocky, pescando per stare al passo con i tempi dai Jefferson Airplane.

Oggi il moderno più spinto suona le band di Woodstock e del resto, se Lana avesse ricominciato con la solita compilation a base di Prodigy e Rob Zombie, così in tinta con il kung-fu latex di allora, ci saremmo sorbiti un modernariato ben più triste, ma almeno avremmo avuto un quadro definitivamente nostalgico. Al di là dei rimpiazzi inadeguati di Morpheus (Larry Fishbourne) e L’Agente Smith (Hugo Weaving) con un paio di riserve prese dai serial HBO, suscita una certa malinconia rivedere proprio Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss, allora così sfacciatamente belli e invincibili, richiamati sul campo negli stessi ruoli ma in un tempo dove Jamie Lee Curtis emette le stesse urla ma in menopausa. Il nostalgico carnevale pop sta producendo rianimazioni insopportabili, infantili. Neo e e Trinity, morti shakespearianamente nella trilogia originale, rispuntano alla faccia di tutto, per quanto con un certo imbarazzo. E ce lo dicono ancora prima di fiatare che sono dispiaciuti di aver accettato una rimpatriata così sciocca, cedendo il passo alla gravità, non tanto in scene d’azione sfumate pietosamente dalla Wachowski e del tutto imparagonabili a quelle del passato, ma nei volti consumati e gonfi di vita vissuta, per fortuna alla larga dalla via del Botox. Forse avrebbe avuto più senso rifare Matrix da zero, con un cast giovane e una troupe più immersa nell’intrattenimento dimensionale odierno. Questo revival della vecchia scuola futurista pesa e annaspa come la reunion dei Litfiba. Il Cinema può resuscitare qualsiasi cosa, ma come ci insegna Pet Sematary, forse sarebbe meglio tenersi il ricordo.