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Mara

2018
Titolo Originale:
Mara
REGIA:
Clive Tonge
CAST:
Olga Kurylenko (Kate)
Craig Conway (Dougie)
Javier Botet (Mara)

Il nostro giudizio

Mara è un film del 2018, diretto da  Clive Tonge.

Da tempo immemore l’uomo ha sempre avuto la tendenza – biblicamente infusagli dal proprio creatore – a dare un nome alle cose che lo circondano. Fin qui nulla di strano. Ma con l’avvento dei pazzi tempi moderni, dopo aver esaurito i vari Fido, Fuffi, Birba e in mancanza di altri pelosi quadrupedi da vezzeggiare, ci siamo miseramente ridotti a dare un nome persino alle presunte entità paranormali che vengono a farci visita, quatte quatte, durante le buie ore del notturno ristoro. Ma niente Valak, Boogeyman o Pazuzu stavolta, amici cari, poiché è di Mara che da oggi bisogna aver paura! Almeno secondo quanto ci vorrebbe tristemente far credere quel poco di buono di Clive Tonge, talmente arrapato dall’ormai stilosa moda cinematografica della paralisi del sonno da imbastire un brutto horrorino dove, per la quattrocentesima volta in poco meno di tre anni, andare a nanna diviene sinonimo di morte certa, per mano, neanche a farlo apposta, del solito demonaccio brutto e cattivo, pronto ad accomodare il suo gran culone sul nostro sterno per non si sa bene quale specifica ragione.

Se il buon documentario The Nightmare (2015) di Rodney Ascher era quantomeno riuscito a gettare un onesto e perturbante occhio clinico sul tanto chiacchierato fenomeno della paralisi ipnagogica, la sequela di pellicolacce a tema, da Dead Avake (2016) a Slumber – Il Demone del sonno (2017) fino ad arrivare al summenzionato Mara, hanno invece, chi più e chi meno, toppato alla grande, preferendo riportare in auge le rancorose presenze biancovestite e nerocrinite di ringhiana memoria intente a rompere le scatole ai poveri dormienti. A riprova di ciò il buon Tonge non tenta nemmeno di variare un poco la minestra, servendoci, bella fumante e insipida, la storiellina di Kate Fuller (Olga Kurylenko in vacanza premio pagata), psicologa criminale chiamata a indagare sulla sanità mentale di una donna accusata di aver orribilmente strangolato e disarticolato il marito durante il sonno, salvo poi scoprire, con grandissimo stupore dell’acuto spettatore, che il responsabile di tutto è nientemeno che un secolare demone di nome Mara (impersonato dalle snodattissime membra di Javier Botet, il glorioso performer di La madre, It e Hostile), prodigo da tempo immemore a cacciare con il buon tempo di Orfeo. Quando le fasi della perfida maledizione iniziano a lasciare il loro terribile marchio anche sulla povera sventurata scienziata, la donna dovrà tentare di salvare la propria vita e quella della piccola Sophie (Mackenzie Imsand), in una disperata corsa contro il tempo e contro le forze oscure provenienti dall’Altrove.

Poiché non è mai cosa buona e giusta sprecare inutilmente le preziose risorse energetiche durante i tempi di magra – e poiché oggigiorno il cinema di genere stesso sembra ormai caduto in una pesante anoressia cronica –, tanto vale non spendere troppi inutili fiati digitali nei riguardi di questo miserrimo Mara, in quanto l’etichetta di “inutile” basta e avanza sino alla fine dei tempi. Con tutta onestà, il fastidio è ormai giunto a un livello inaccettabile nel dover constatare come sempre più cineasti si divertano bellamente a prenderci per i fondelli, giocando sempre le medesime rachitiche carte nel tentativo di centrare un sicuro bersaglio senza troppi sforzi, esattamente come cerca di fare il vecchio Tonge con questa flaccida storiella di demonucoli scacciassonno in guisa di Samara che, più che far paura, fa davvero pietà ai polli. Per l’ennesima volta è ancora il senso di colpa a fungere da reagente attraverso cui il germe del male ultramondano ha la possibilità di valicare l’Altrove per riversarsi nella nostra dimensione, e anche in quest’occasione esso si presenta abbigliato dell’immancabile candida vestaglietta e con lo spaventevole volto occultato dalle corvine arruffate chiome, come se dall’Altra Parte, oltre a patire una seria denutrizione, non facessero altro che starsene a letto senza fare un emerito cacchio. Inutile dire che starsene ben ben lontani da questo Mara è un dovere civile imprescindibile per qualunque spettatore sano di mente e coscienzioso, oltre che un ottimo favore da fare a sé stessi e all’intera collettività. Tanto di porcate ce ne sono a bizzeffe e di ben altre carature.