Featured Image

Malignant

2021
REGIA:
James Wan
CAST:
Annabelle Wallis (Madison)
Mckenna Grace (Madison giovane)
Jake Abel (Derek)

Il nostro giudizio

Malignant è un film del 2021, diretto da James Wan.

Seattle, oggi. Madison (Annabelle Wallis) è incinta e vive con il marito violento e bipolare Derek (Jake Abel). Oltre al marito manesco, la torturano incubi a occhi aperti di orribili omicidi. Madison però scopre che le morti che vede sono realmente accadute, tanto da percepire un rapporto tra lei e l’omicida – un’ombra inquietante e minacciosa avvolta nei capelli neri – che li unisce come un cordone ombelicale, lo stesso del bimbo che desidera e non può avere. Dopo la morte del marito, Madison e sua sorella Sidney (Maddie Hasson) si affidano al detective Shaw (George Young), indirizzando le indagini su un terzo delitto, visto e vissuto da Madison, che porta dritto al suo passato: il rapporto con un amico immaginario di nome Gabriel.

James Wan ci ha abituato da parecchio tempo al suo stile, in cui frulla in modo furbetto ma altrettanto inusuale immaginari prelevati dai classici di culto del cinema e quelli più “bassi” dell’orrore di celluloide. Ci ha provato con Dead Silence (2007), in cui rivede a suo modo i b-movie con bambole e pupazzi assassini, poi con Insidious (2010); ha dato vita a due saghe, nel bene e nel male molto importanti nel panorama orrorifico contemporaneo, Saw – L’Enigmista (2004) e l’universo di The Conjuring (2013), generando tutta una serie di sequel e spin off che hanno fruttato milioni al botteghino e creato almeno tre nuove icone horror: lo psicopatico Jigsaw, la bambola Annabelle, e Valak, la suora malefica di The Nun. Con Malignant, Wan torna in un certo senso alle sue origini. Un piccolo film dove divertire e divertirsi senza troppe menate. Se con Insidious strizzava l’occhio a Poltergeist e L’Esorcista, in Malignant siamo nel territorio di quei particolari slasher degli anni ’80 dove il mostro non lo butti giù nemmeno con quintali di piombo.

È lo stesso Wan  a precisarlo in un’intervista, dove spiega il bisogno di dar vita a Malignant: “È la mia interpretazione di quel particolare tropo narrativo degli anni ’80 in cui una vittima inizia a vedere attraverso le visioni di un assassino. C’è stato un periodo in cui c’erano molti film del genere, e io sono un grande fan di quel particolare sottogenere. Film come Gli occhi di Laura Mars, ad esempio. Volevo offrire la mia versione, incrociata con il mio amore per De Palma, Argento e [Mario] Bava”. Ma Malignant all’inizio non entusiasma, diciamolo, e con i suoi classici jump scare, le figure macabre di stampo nipponico e le incursioni nell’horror fumoso e metropolitano di William Lustig non sembra dire granché, anzi, sembra fare un po’ acqua da tutte le parti. Ma pian piano iniziamo a capire, e accettiamo anche di farci prendere in giro da Wan, accettiamo le incursioni nel body horror cronenberghiano e nel dramma psicologico. Ma il bello sta proprio qui, Wan non si prende troppo sul serio, ed è nella seconda metà del film che questo suo mettere in gioco sé stesso e la sua irrefrenabile passione per il cinema, dà vita a quella magia, con un twist narrativo che non ti aspetti, ma che diverte e funziona. Malignant è un film carnale, disfunzionale e frenetico, che nasce dalla passione per il sangue e le frattaglie del cinema dell’orrore degli anni ’80, ma con quel guizzo creativo al quale Wan ci ha abituato da tempo. Un freak ibrido e pulsante, che non si prende troppo sul serio, ma che sfrutta la sua insensatezza per intrattenere e divertire. D’altronde, negli anni ’80, si faceva proprio così, ed è così che ci piace.