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Malediction – La Maledizione di Arthur

2022
REGIA:
Barthélemy Grossmann
CAST:
Mathieu Berger (Alex)
Thalia Besson (Samantha)
Lola Andreoni (Mathilde)

Il nostro giudizio

Malediction – La Maledizione di Arthur è un film del 2022, diretto da Barthélemy Grossmann.

Non si sa bene il perché ma, negli ultimi tempi, il cinema, soprattutto quello di genere, sembrerebbe intenzionato a rovinarci letteralmente l’infanzia. Una tendenza a ben vedere iniziata parecchi decenni orsono grazie all’ormai immortale Paperino killer del fulciano Lo squartatore di New York e che, dopo i recenti bagni di sangue di The Banana Splits Movie e Winnie the Pooh: Blood and Honey, stavolta parrebbe aver preso di mira nientemeno che Arthur e il popolo dei Minimei, la fortunatissima saga cine-letteraria fantasy confezionata da Luc Besson a misura dei giovincelli di inizio Ventunesimo secolo. E non stupisce affatto che vi sia proprio la penna del papà di Nikita e i tonanti soldini della sua beneamata EuropaCorp dietro a un folle e solleticante progetto come Malediction – La Maledizione di Arthur. Un ammiccante, autoironico e autocitazionistico horrorino – distribuito, neanche a dirlo, dalla sempre lungimirante Midnight Factory – dal potenziale oggettivamente enorme ma, ahinoi, non completamente sfruttato a dovere così come le divertenti e inquietanti premesse avrebbero fatto ben sperare. Un’idea sulla carta promettente ma che, complice forse una sceneggiatura alla fine non così coraggiosa e una carburazione eccessivamente lenta, a conti fatti non può che lasciare solo un rugginoso seppur a suo modo dolciastro amaro in bocca.

Accompagnato dalla diligente e volutamente sovraesposta regia del buon Barthélemy Grossmann, lontana anni luce dalla cupezza del solidissimo esordio di 13 m², Malediction gioca facile e bene nel non volersi prendere nemmeno per un nanosecondo veramente sul serio, inzuppandosi fino al midollo di easter eggs e strizzate d’occhio alla coloratissima lore dell’originale bessoniana trilogia, facendo la quasi sicura gioia dei fan di un tempo (se ancora ve ne sono rimasti) e lasciando la gran parte dei restanti spettatori per lo più interdetti o, alla meno peggio, semplicemente indifferenti. Il tutto ruota, infatti, attorno alla disavventura campestre di un gruppetto di ragazzi (fra i quali spicca, senza troppa sorpresa, la bella Thalia Besson) che, per festeggiare in pompa magna i fatidici diciotto anni del loro amico Alex (Matheu Berger), da sempre innamorato delle fantasiose avventure del lillipuziano popolo dei Minimei, decidono di andare alla ricerca nientemeno che dell’ormai diroccata casetta, sperduta nelle assolate campagne francesi, utilizzata a suo tempo come set principale del tanto idolatrato e incriminato film. Giunti in loco, tuttavia, i nostri scopriranno a proprie sanguinolente spese come qualcosa di ben più pericoloso e letale di un manipolo di gnometti in CGI alti due millimetri attende in agguato sotto le assi del malandato pavimento e fra le insidiose fresche frasche, dimostrando come il già sottile confine che divide la realtà da una fiaba – per giunta nera – sia, a volte, ben più sottile degli sfortunati corpi strizzati dalle magiche corde dei Bogo-Matassalai. E chi vuole (e può) intendere intenda…

È un orrore a scoppio davvero troppo ritardato quello che striscia e si acquatta per tutta la già stringata oretta e venti di Malediction, un filmetto a dir poco schizofrenico capace di cambiare rotta e registro con velocità. Dopo un inizio da teenager comedy in puro ed inclusivo stile Netlix che si protrae inconcepibilmente senza alcuno scossone ben oltre la mezz’ora abbondante, ecco che pare finalmente di trovarsi dinnanzi a un’interessante svolta sulla falsariga di Non avere paura del buio, dando inquietantemente adito al sospetto che le simpatiche creaturine partorite dalla fervida bessoniana fantasia non siano così tanto immaginarie né ben disposte. Quando poi il sangue e un minimo di truculenza iniziano finalmente a far capolino – senza tuttavia alcuna particolare convinzione che non sia quella richiesta dal minimo sindacale –, ecco che l’hipe inizia a crescere di pari passo con la curiosità di scoprire quanto il buon Luc e il compagno di cinematografiche armi Grossmann abbiano deciso di spogliare dall’innocenza e di gettare nel sordido calderone del folk horror alcuni dei celebri rituali presenti nella magica e infantile saga. Poi arrivano i titoli di coda e, all’infuori di un plot twist convincente solo a metà e che riporta a terra solo un piede, lasciando l’altro immerso in una seppur suggestiva ma fumosa ambiguità, si rimane a chiedersi se si è assistito ad un piccolo irriverente e capolavoro oppure, più probabilmente, ad una volutamente sbracata presa per i fondelli.