Featured Image

Madness in the Method

2019
REGIA:
Jason Mewes
CAST:
Jason Mewes (Sé stesso)
Kevin Smith (Sé stesso)
Brian O’Halloran (Sé stesso)

Il nostro giudizio

Madness in the Method è un film del 2019, diretto da Jason Mewes

Sì, avete capito bene. Ah, non avete capito? View Askewniverse? Jay e Silent Bob? Che cazzo, ragazzi! D’accordo, mettiamola in altri termini: se avete acquistato e letto il Nocturno di febbraio (su cui vi potete fare una discreta cultura a riguardo) e avete bazzicato il sito negli ultimi giorni (che altro avrete mai da fare ora che siete costretti a casa, poi?), vi sarete resi conto dell’uscita dell’ultima fatica di Kevin Smith, ossia Jay and Silent Bob Reboot, capitolo (forse) finale dell’epopea dei due spacciatori più spacciati della storia del cinema. Ecco, quasi in contemporanea è avvenuta una cosa altrettanto esaltante, ossia il debutto dietro la macchina da presa del compagno  etero di Smith/Silent Bob, ossia Jason “Jay” Mewes. Dare un’occhiata a Madness in the Method è sicuramente un must per chi è cresciuto con film come Clerks, Dogma e Jay & Silent Bob…Fermate Hollywood!, anche perché, diciamocelo, amiamo Kevin Smith ma il nostro cuore salta sempre un battito quando vediamo il buon Mewes. Il film in oggetto si presenta come il classico reality in fiction dove gli attori interpretano loro stessi. Jason Mewes infatti viene fermato per strada per fare selfie e pronunciare le battute più celebri del suo personaggio e alter ego, continua a frequentarsi con il suo migliore amico Kevin Smith e ha una relazione stabile con la fidanzata Carrie.

Tuttavia ha un desiderio ancora inesaudito: vuole emanciparsi da “Jay” e costruirsi una carriera attoriale di successo a Hollywood. Per questo viene a conoscenza di un libro misterioso che custodisce il “metodo”: non quello firmato Stanislavskij, ma una guida per ottenere il successo. Una volta ottenuto il volume, però, la sua vita inizierà a sconvolgersi e la sua mente a vacillare. Pur mantenendo lo spirito goliardico e sguaiato dei film di Smith, l’opera prima di Mewes devia decisamente sul thriller e sul noir, tra omicidi e segreti che progressivamente vengono a galla. È quindi appropriato il ribaltamento della massima shakespeariana nel titolo? Sicuramente, data l’evidente volontà di inserire, all’interno di una trama classica e canonica che può ricordare a tratti The Player di Robert Altman, l’anarchica follia di quei ragazzi del Jersey. Certo, un po’ di metodo in più non avrebbe guastato ad una trama che, di tanto in tanto, va proprio per i fatti suoi, ciononostante il messaggio di Madness in the Method è perfettamente comunicato, anche se non inedito: prendere in giro il sistema Hollywood con un film indipendente. E magari rispondere anche ad un quesito di non poco conto: Jason e Jay sono la stessa persona?

La risposta a quest’ultima domanda sembra essere un sonoro e sicuro sì: vediamo Mewes scendere sempre più in basso pur di affrancarsi dal suo personaggio e diventare il divo che pubblico e media ancora non vedono. Tuttavia, da quando la vicenda si tinge di rosso fino all’epilogo, continua a fare capolino la goffaggine e l’inadeguatezza dell’americano medio coinvolto in una storia più grande di lui. Così anche gli omicidi diventano delle scenette slapstick da piegarsi in due dalle risate. E anche il cast fa il suo lavoro, dai fedelissimi Smith e Brian O’Halloran agli altri attori comprimari, tra cui vale la pena di citare l’ex calciatore Vinnie Jones, un Danny Trejo inedito, camei di icone come Casper Van Dien (Starship Troopers), Zach Galligan (Gremlins) e la buonanima di Stan Lee, alla sua ultima apparizione. Un film, insomma, che diverte senza troppe pretese e la cui unica magagna è quella di appartenere giocoforza all’universo di Smith senza godere del suo talento.