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Ma mère

2004
REGIA:
Cristophe Honoré
CAST:
Isabelle Huppert (Hélène)
Louis Garrel (Pierre)
Joana Preiss (Réa)

Il nostro giudizio

Ma mère è un film del 2004, diretto da Cristophe Honoré.

Cresciuto dai nonni, il giovane Pierre (Louis Garrel) raggiunge adesso i genitori su un’isola delle Canarie, ma senza ritrovare l’equilibrio sperato: madre e padre si detestano, si tradiscono a vicenda, il loro matrimonio è a pezzi. Ma la morte improvvisa del padre lascia spazio a Pierre e a sua madre Hélène (Isabelle Huppert) per sviluppare un rapporto malato e incestuoso, tanto che la donna sarà costretta a ingaggiare delle ragazze altrettanto perverse per distrarre i sentimenti del figlio, prima con Réa (Joana Preiss) e poi con Hansi (Emma de Caunes). Rifiutato a Cannes ma accettato dal siciliano Taormina Film Festival, il film di Honoré è un adattamento ambizioso dell’omonimo romanzo incompleto e pubblicato postumo di George Bataille. Honoré fotografa i corpi dei suoi attori con franchezza estrema, attratto dalla loro pelle nuda, ma la macchina da presa si muove con incertezza, tra movimenti di pan e tilt, camera in spalla, inquadrature fisse e zoom posticci, che talvolta comportano un impoverimento dei corpi piuttosto che una loro esaltazione.

Intanto, sul piano concettuale, la provocazione del regista francese mescola il sacro con il profano, l’amore con la perversione, il sangue con lo sperma, la morte con il sesso, fino al capovolgimento totale dei valori tradizionali: Pierre chiede la benedizione a sua madre, figura che incarna in sé la perversione, e scrive di aver ritrovato Dio nelle natiche di Hansi. E se gli scenari offerti dalle Canarie sono efficaci e ben si addicono all’intensità delle pulsioni in scena, sono innanzitutto la struttura narrativa e il racconto per immagini a non convincere appieno. I continui sbalzi temporali, i dialoghi altisonanti e i cambi di ritmo affaticano il racconto e appesantiscono la visione. Mentre il potenziale erotico delle scene più esplicite appare sfruttato solo in parte: un catalogo vasto (e divertente) comprensivo di orge, voyeurismo, sadomasochismo, leccate di culo, incesto e necrofilia promette bene su carta, ma sullo schermo si ritrovano pochi momenti davvero segnanti. Il più riuscito, in questo senso, è quello finale, che spesso è stato criticato negli anni, ma che ben riassume in un’immagine le profonde nevrosi del ragazzo protagonista.

E tutte le scene appena precedenti sono orchestrate con abilità allegorica: prima di tornare dall’amato Pierre, la madre mangia della terra da un vaso, poi si spoglia e regala la vista del proprio corpo a un ragazzino, profetizzando così un prossimo ritorno alla natura, nonché il ricongiungimento con il figlio (Helénè mostra al giovane solo i seni e il ventre). E anche se l’interpretazione della Huppert non è certo tra le più riuscite della sua carriera, l’attrice riconferma qui il coraggio di chi è sempre pronto a ricoprire ruoli scomodi (sono passati solo tre anni da La pianista). Similmente, possiamo ricordare tante interpretazioni più coinvolgenti per Louis Garrel, che nelle vesti di Pierre non riesce ad assicurare la dovuta espressività. Insomma, nonostante i nomi importanti, il cast non è sempre all’altezza ma, qualche scena particolarmente riuscita, la ferocia delle pulsioni rappresentate e il fascino delle ambientazioni, salvano Ma mère dall’oblio più totale. In Italia il film gira in due versioni: quella originale che sfiora i 110 minuti e una versione edulcorata e assolutamente deviante che conta solo 83 minuti e che, in tempi recenti, è stata pubblicata su Prime Video.