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Luciferina

2018
REGIA:
Gonzalo Calzada
CAST:
Sofía Del Tuffo (Natalia)
Marta Lubos (Hermana Gregoria)
Pedro Merlo (Abel)

Il nostro giudizio

Luciferina è un film del 2018 scritto e diretto da Gonzalo Calzada.

Quale fosse l’idea originaria e l’obiettivo che Calzada si era prefissato di raggiungere con Luciferina è presto detto. Anticipa che sarà il primo film di una trilogia dal titolo La Trinidad de las Vìrgenes, scelta nata dal potenziale della storia stessa che si presta -secondo lui- a essere ampliata con storie indipendenti, ma legate allo stesso tempo da alcuni elementi di raccordo. E’ ipotizzabile, inoltre, che volesse attingere da varie tradizioni religiose e folkloristiche così da creare un nuovo mondo originale entro cui far muovere i personaggi e sviluppare il racconto. Tutto molto bello, se non fosse che il risultato finale è un’accozzaglia di roba indefinita. Luciferina è un film disordinato e confuso, perde la bussola facilmente andando decisamente fuori strada. Natalia è una giovane novizia di 19 anni che, dopo aver saputo della morte della madre, è costretta a lasciare improvvisamente il convento in cui abita. Tornata a casa trova il padre invalido e la sorella Angela rancorosa nei suoi confronti per averla lasciata da sola. Le circostanze della morte della madre non sono chiare, ma pare che entrambi i genitori fossero coinvolti in strani riti satanici e messe nere.

Per scoprire la verità Natalia si lascia coinvolgere dalla sorella a seguire lei e i suoi amici su un’isola deserta e partecipare ad un rito sciamanico a base di erbe allucinogene. Arrivata lì la ragazza scopre un convento abbandonato poi adibito ad ospizio che aveva già visto in sogno. Natalia è in grado di vedere e percepire l’aura intorno alle persone e in quei luoghi così sinistri scoprirà da dove derivano i suoi poteri paranormali. La sinossi è pressappoco questa, ma che fatica tirarne le fila. Luciferina condensa mitologia cristiana, simbologia femminile, paranormale e, nel suo aspetto magico-rituale, lo sciamanesimo scrostandone semplicemente la superficie e riducendo il tutto ad un insipido contorno nella vita della giovane. In difesa di Calzada diciamo che è comprensibile essere affascinati dal filone horror in perenne equilibrio tra possessioni e paranormale, d’altronde va per la maggiore anche tra il grande pubblico. Aggiungiamoci poi che il suo paese d’origine- l’Argentina- geograficamente appartiene a un continente dalle antiche tradizioni sciamaniche quindi attingervi è stata una mossa furba e decisamente curiosa. Tuttavia, almeno in questo caso, sono elementi che mal si incastrano tra loro. La protagonista ne è chiaramente in balìa, complice anche la poca spina dorsale di Sofia Del Tuffo che si trascina bruscamente da un evento all’altro senza imporsi tranne che sul finale, ma poco credibile anche in quel caso. Bella, senza dubbio, ma decisamente poco incisiva e “luciferina”.

Natalia ha, inoltre, l’aggravante di avere una personalità “annacquata” e i personaggi che le ruotano attorno non sono d’aiuto nel farla emergere, perché anch’essi compromessi da una sceneggiatura priva di un’identità ben definita, oltre che da una scarsa recitazione. I problemi del film di Calzada non finiscono qui, perché carente anche a livello tecnico. Più che la regia e la fotografia (forse l’unico aspetto su cui spendere lodi, ma senza esagerare), sono gli effetti speciali graficamente mal realizzati, fanno quasi dubitare che il film appartenga ai giorni nostri. Il finale lascia senza parole e non nell’accezione positiva dell’espressione. E’ aperto, poiché sicuramente collegato agli altri due film che dovrebbero chiudere la trilogia. C’è unicamente da sperare che Calzada impari la lezione e prosegua queste storie di vergini innocenti plagiate dal Diavolo con metodo e chiarezza d’intenti, perché un altro minestrone di roba come Luciferina sarebbe difficile da mandar giù.