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Leave

2022
REGIA:
Alex Herron
CAST:
Alicia Von Rittenberg (Hunter)
Herman Tommerhaas (Stian)
Stig R. Amdam (Torstein)

Il nostro giudizio

Leave è un film del 2022, diretto da Alex Herron

Nell’eterna e arbitraria scelta tra Bene e Male, bisogna prima stare attenti a distinguerli. Thriller e horror scandinavi, o comunque con tale ambientazione, hanno sempre esercitato un fascino difficile da ritrovare in altre cinematografie. Questo perché le terre norrene, pur essendo di per sé luoghi dove si può essere anche sopraffatti da una tranquillità ordinaria, celano tutt’oggi un passato conflittuale, controverso, oscuro. Non solo per la cultura, tra l’antichità pagana e il successivo cristianesimo, ma anche per ciò che di più torbido ha contraddistinto il recente passato. Leave, diretto e sceneggiato dai norvegesi Alex Herron e Thomas Moldestad, prova a premere proprio su questa fascinazione e su quanto anche un pubblico d’oltreoceano o europeo meridionale può riconoscere per creare un accattivante plot tra il thriller e l’horror. Purtroppo, non riuscendoci a pieno ma lasciando qua e là qualche interessante spunto.

La storia di Hunter, giovane ragazza americana abbandonata da neonata in un cimitero e dunque alla ricerca di risposte sul suo passato e sulle sue origini, va presto a mescolarsi con quella del black metal norvegese. Fingendo di partire per il college per non dire la verità al padre adottivo, deciderà invece di volare nel paese scandinavo per trovare informazioni sulla sua famiglia biologica, salvo dover fare i conti con una realtà ben più inquietante del previsto. L’intenzione, nell’inserimento di un tema molto caro agli appassionati del suddetto genere musicale, è in realtà quello di instradare, o sarebbe meglio dire fuorviare immediatamente lo spettatore, con tanto di omicidi, rituali e roghi di chiese. I delusi dal biopic Lords of Chaos, dunque, non saranno soddisfatti, così come potrebbero esserci degli scontenti tra coloro che sono stati o saranno attratti dalla componente più sovrannaturale del film. Le presenze che, per inciso, avvertirebbero Hunter del pericolo che sta correndo si rivelano essere niente di più che un’abbozzata scopiazzatura del Crimson Peak deltoriano, laddove anche l’ambientazione stenta ad infondere un qualsiasi tipo di sensazione minimamente gotica o, per l’appunto, scandinava. Pochi fantasmi, quindi, e quasi nessuna vera eco dell’Inner Circle o di Varg Vikernes. Un continuo McGuffin fino al momento in cui, senza troppe remore, si viene avvicinati a ciò che si nasconde dietro i simboli pagani e il nero, con la rivelazione di un thriller che non si cela certamente alla luce del sole.

Questo, per inciso, non rappresenta un difetto del film, anzi ne evidenzia la visione, l’idea a trecentosessanta gradi. Lo spirito di chi l’ha scritto e di chi l’ha poi diretto è quello di raccontare una Norvegia le cui ferite sono state fin troppo a lungo ed erroneamente attribuite ad un gruppo di folli “satanisti”, magari dimenticandosi di ciò che ha fatto, in tempi ancora più recenti, un fondamentalista religioso, razzista e misogino che di nome fa Anders Breivik. Può bastare tutto ciò a fare di Leave un film minimamente memorabile? Certamente no, sia per quanto detto prima sia per altre ingenuità che condizionano la seconda parte, con il vero colpo di scena che risulta anch’esso deboluccio. In poche parole, si capisce il ragionamento e lo si apprezza, ma non si riesce quasi mai a rimanere coinvolti nella storia e nelle sue atmosfere, nonostante un cast onesto per faccia e fisicità. Ma già il fatto di essere riusciti, con poco, a creare interesse con il giusto mix di temi e stimoli è di per sé una piccola vittoria.