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Leatherface

2017
Titolo Originale:
Leatherface
REGIA:
Alexandre Bustillo, Julien Maury
CAST:
Lili Taylor (Verna Sawyer)
Stephen Dorff (Hal Hartman)
Sam Strike (Jedidiah "Jed" Sawyer)

Il nostro giudizio

Leatherface è un film del 2017, diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury

I prequel di saghe horror famose possono rappresentare un rischio nel voler donare un passato a mostri celeberrimi: ne sa qualcosa Rob Zombie, il cui prequel del carpenteriano Halloween (2007) venne criticato proprio a causa della sua stessa intenzione, ossia ricostruire infanzia e adolescenza di un villain senza volto né voce, rendendolo umano dunque meno terrorizzante. La sfida raccolta dal duo di cineasti francesi Alexandre Bustillo e Julien Maury era quindi piuttosto ardua: mettere in scena il passato di Leatherface, con la sua maschera in pelle umana dietro cui si nasconde un volto che nessuno ha mai visto. L’idea nasce nel 2013 in seguito al successo di Non aprite quella porta 3D, per venire realizzato nel 2015 e distribuito soltanto ora. Leatherface è opera magnificamente imprevista, con un plot strutturato in maniera atipica e geniale e un visivo spesso stupefacente, così come da marchio di fabbrica dei due registi, il cui precedente Aux yeux des vivants (2014) era già intriso di Texas Chainsaw fino al midollo, vero e proprio preludio a questo prequel. Il film ha inizio negli anni ‘50, nella Sawyer Farm e nel giorno del compleanno del piccolo, una festa particolare, durante la quale gli viene regalata una motosega per uccidere, incitato dalla famiglia, la sua prima vittima. I due registi ci mostrano un bambino spaventato, così come Hooper ci mostrò, nel suo capolavoro del 1974, un Leatherface che reagisce dapprima con paura all’arrivo degli estranei nella casa, per poi procedere al massacro: un mostro/vittima, un outsider che diventa killer per tradizione famigliare.

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The saw is the family, recitava la scritta sulla motosega dal manico d’oro che il fratello Tex regala a Leatherface/Junior nel terzo film della serie: una famiglia incestuosa, allargata e ramificata che qui diviene più che mai centrale e determinante nella genesi del mostro. Tra i personaggi ripresi dalla pellicola di Hooper quello che pesa più di ogni altro è quasi inedito: la “amorosa e terribile” Verna Sawyer, una Lili Taylor praticamente perfetta, matriarca della famiglia, cuore pulsante della follia che incita il figlio a uccidere per tutelare il nucleo. A rompere le uova nel paniere giunge il viscido ranger Hal Hartman (Stephen Dorff), per molti versi il vero villain, che le porta via Jed per rinchiuderlo in una casa di correzione, ed è a questo punto che il film si trasforma in enigma: chi è Jedediah Sawyer? La scelta geniale di Sherwood, infatti, risiede nel non svelarci l’identità del giovane Leatherface per tutta la durata del narrato, esplicitandola soltanto nel finale e depistandoci in continuazione. Non sapere chi sia Jed non è solo spiazzante ma diviene riflessione più ampia sul fatto che chiunque può essere il mostro, a dispetto di ogni apparenza e di ciò che può sembrare inizialmente ovvio.

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Alla Gorman House ha luogo una delle sequenze più belle e determinanti del film, con Verna che cerca il proprio figlio: un parapiglia materno che si trasforma in sanguinosa rivolta ed ecco che Leatherface diventa un road movie ad alto tasso di ultraviolenza. Una coppia di pazienti/amanti psicopatici, Clarice e Ike, scappano prendendo in ostaggio il mite Jackson (Sam Strike), il grasso e ritardato Bud (Sam Coleman), che pare preso di peso da Uomini e Topi, e la neo-assunta infermiera Lizzy (Vanessa Grasse), con Hartman a dare loro la caccia. Dal punto di vista visivo, Maury e Bustillo osano parecchio offrendoci, tra le altre cose, una scena di necrofilia a tre e gore e splatter che divengono tangibilmente dolorosi. Girato in soli 27 giorni in Bulgaria con attori in gran parte europei, Leatherface è stato presentato in anteprima al Fright Fest lo scorso 25 agosto: Tobe Hooper, tra i produttori esecutivi del film, si è spento il giorno successivo. Più che un prequel, una vera lettera d’amore al personaggio, scritta con affetto e sangue, nonché una sostanziosa riflessione sulla natura del Male. Chapeau.