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La notte del 12

2022
Titolo Originale:
La Nuit du 12
REGIA:
Dominik Moll
CAST:
Bastien Bouillon (cap. Yohan Vivès)
Bouli Lanners (Marceau)
Anouk Grinberg (giudice istruttore)

Il nostro giudizio

La notte del 12 è un film del 2022, diretto da Dominik Moll.

Il giallo della vita non ha soluzione. Lo sapeva Carlo Emilio Gadda nel pasticciaccio, quando scelse di non concedere al commissario Ingravallo uno scioglimento definitivo. E lo sapeva perfino meglio Friedrich Dürrenmatt, autore del capolavoro La promessa, che recava come sottotitolo: Un requiem per il romanzo giallo. Il terribile omicidio di una bambina di sette anni veniva risolto non dal detective incaricato, ma da un colpo d’ala del destino, molti anni dopo a posteriori (splendido anche l’adattamento di Sean Penn con Jack Nicholson protagonista). Ecco, La notte del 12 di Dominik Moll potrebbe opportunamente sottotitolarsi: un requiem per il film giallo. C’è infatti una differenza tra questo racconto e Zodiac di David Fincher, a cui è stato generalmente accostato. La caccia al killer dello zodiaco produceva un accerchiamento graduale non del colpevole, ma degli investigatori gettandoli nell’ossessione, però solo alla fine rivelava il suo carattere insoluto, l’essenza del caso aperto. Qui no. Ne La notte del 12 la didascalia iniziale ci informa che stiamo per vedere un delitto senza colpevole, tratto da una storia vera, sappiamo subito come finirà ed è questo il colpo di scena più clamoroso. Una differenza non formale ma sostanziale: così facendo Dominik Moll ci invita a spostare lo sguardo, a non vedere il caso nell’ottica del whodunit, perché non avremo soddisfazione, il centro è tutto nel contesto, l’ambiente intorno, la realtà da cui farsi assorbire.

Siamo nella provincia francese. La giovanissima Clara (Lula Cotton-Frapier) sta rientrando a casa dopo una tranquilla serata con le amiche, quando una figura incappucciata urla il suo nome, lei si gira, lui le lancia addosso una dose di benzina e le dà fuoco. La ragazza riesce solo a scappare in fiamme, per poi accasciarsi nel parco vicino. Questo il fatto. Sul posto arriva il commissario Yohan Vivès (Bastien Bouillon, magnifico, la sua prova migliore), anch’egli abbastanza giovane, che insieme al collega Marceau (Bouli Lanners) si getta a capofitto nell’inchiesta. D’altronde l’omicidio è talmente orribile che i poliziotti vogliono risolverlo presto. Intorno a loro c’è una rosa di sospettati: tutti uomini, amanti o ex di Clara, ognuno con un carattere diverso che rispecchia le derive dell’oggi. C’è quello che vedeva la ragazza ma “non stiamo insieme”, perché ha un’altra fidanzata, estrinsecando la tendenza a sminuire ogni tipo di rapporto sentimentale; un altro che perfino si mette a ridere, non riesce a restare serio in un condensato dell’idiozia contemporanea; c’è il tipo apertamente violento, immancabile; uno molto strano che vive isolato; e addirittura un nero rabbioso che nel suo rap dedicato a Clara cantava di bruciarla viva. Ognuno di loro può averla ammazzata. Ma non solo: abbiamo anche delle ragazze gelose che possono averci messo lo zampino. Insomma un vero pasticcio.

Allora che succede? Che il caso si districa tra interrogatori, indizi, arresti e rilasci, ma piano piano si incarta, forse anche per il troppo materiale a disposizione (almeno sei sospetti) e non si riesce a trovare la prova regina, la pistola fumante. Ciò inevitabilmente ricade sulla psiche di coloro che indagano, per primo Yohan che le prova tutte per vedere la verità. Perché il racconto è una questione di sguardo: quello che leggiamo sul viso di Bastien Bouillon soprattutto in due occasioni, la prima è quando non riesce ad annunciare alla madre la morte della figlia, perché ha visto qualcosa fuori campo che si rivela essere una foto della ragazza da bambina; l’altra è lo sguardo lungo nel parco, in cui il detective intravede qualcuno (sempre fuori campo) che si palesa come l’ennesimo uomo della vicenda. Questione anche di immagine, naturalmente: c’è il fotogramma sfocato tratto dal video selfie della vittima, appena prima della morte, che sullo sfondo mostra il suo assassino in attesa. Ma l’ingrandimento è impossibile, il blow up non funziona. E il volto di Bouillon dice proprio questo: lo sconcerto davanti all’incapacità di capire la realtà. Qui sta il punto. La notte del 12 non può quindi ridursi all’etichetta del film femminista, è certamente vero che gli uomini uccidono le donne, come attesta giustamente la giudice, ma c’è di più e altro: c’è il tentativo di mettere ordine nel caos della vita. Malgrado la piccola pacificazione offerta nel finale, si tratta di un tentativo fallito. Non c’è ordine nel caos. Un grande film senza risposte, solo con tormentate domande.