Featured Image

La mosca

1986
Titolo Originale:
The Fly
REGIA:
David Cronenberg
CAST:
Jeff Goldblum (Seth Brundle/il Brundlemosca)
Geena Davis (Veronica Quaife)
John Getz (Stathis Borans)

Il nostro giudizio

La mosca è un film del 1986, diretto da David Cronenberg

Quando David Cronenberg dirige La mosca ha 43 anni. Hollywood lo corteggia, chiedendogli senza imbarazzo di dirigere Witness, Beverly Hills Cop, e persino Flashdance. Per prendere le redini del progetto, David chiede – a carte coperte – di poter riscrivere il copione di Charles Edward Pogue. I produttori accettano, ben contenti di averlo a bordo, tanto che portano spontaneamente il cachet richiesto fino a un milione di dollari rispetto ai 750mila iniziali. Il regista chiede anche di poter giocare in casa con la sua crew, a Toronto. Sulla base della novella originaria di George Langelaan, The Fly, pubblicata sul numero di Playboy del giugno 1957, Pogue aveva riscritto L’esperimento del Dottor K. mantenendo nello script una certa atmosfera anni 50, forse per giustificare alcuni passaggi incongrui o forzati. Il genio di David radiografa il copione e ne intravede l’ossatura, robusta, ricoperta da tessuti e muscoli putrefatti, e inizia il processo di scarnificazione e ricomposizione. John Getz (l’attore che interpreta Stathis Borans) dice di aver letto entrambe le sceneggiature e afferma con decisione che il copione di David era “di gran lunga superiore” a quello di Pogue. Non è difficile intuire il perché: il Dottor K. era gravato dai cliché stilistici dell’epoca, come il tratteggio stantio del ménage matrimoniale; era distratto da futili derive narrative, come la lunghissima e improbabile caccia alla “mosca dalla testa bianca”; era pieno di imperdonabili ingenuità come il gatto i cui atomi vengono teleportati “nello spazio” e di cui si ode ancora il miagolio; era menomato da frettolose soluzioni come la malriuscita scena finale dell’ispettore che pone termine alla vicenda con un sasso. David non ha intenzione di dirigere un remake ma una ricontestualizzazione della vicenda originaria. Così elimina le scorie, lavorando per far emergere il diamante incrostato nel minerale grezzo.

Quando i giornalisti gli chiedono cosa gli fosse piaciuto della riscrittura di Pogue, lui risponde, con una certa diplomazia: «La rivisitazione dei concetti di base, l’idea di una trasformazione graduale. Lo script era così ben fatto e i dettagli così interessanti e fisiologicamente corretti che ne sono rimasto catturato. È ironico, ma gli elementi del film che la gente indicherà come “realmente cronenberghiani” erano già tutti nel copione di Pogue, prima che lo riscrivessi. Le cose che invece potrebbero non notare, come i personaggi e i dialoghi, sono esclusivamente miei». Pogue, da vero professionista, abbozza e sorride, tanto che il suo nome figura nei credits per insistente volontà del regista. «Pogue non è mai stato sul set, ma ho sentito che la mia riscrittura gli è piaciuta, e lo ringrazio, perché è facile odiare chi riscrive le tue cose. Non ha pensato che avessi distrutto ciò che aveva fatto, ma che lo avessi adattato ai miei gusti personali.» E il risultato è un capolavoro. Mentre Dottor K. è un film vecchio, La mosca è un film classico. Un film che si conferma a ogni visione, che il tempo non riesce a scalfire. Gran parte della produzione cinematografica degli anni Ottanta è stata erosa dai mutamenti del costume, ma La mosca resiste ancora, ed è in grado di regalare emozioni profonde a trent’anni di distanza, perché il suo impianto drammaturgico è un modello di perfezione. Non esistono passaggi superflui, le scene sono legate insieme da una meravigliosa sapienza narrativa e forte senso del ritmo. David orchestra nel racconto tre percorsi che si intersecano mirabilmente: l’involuzione progressiva di Seth, la progressione nell’amore tra Seth e Ronnie, la progressione nella rivalità tra Seth e Stathis.

Queste tre linee si compenetrano in ogni scena, e – grazie a un’escalation drammatica esemplare – si sciolgono in un finale sublime, carico di umanità. Nella scrittura di David, Jeff Goldblum, Gena Davis e John Getz trovano materiale per lavorare sulle sfumature psicologiche, forgiando con i loro corpi tre personaggi indimenticabili, siglando con la loro voce alcune battute memorabili. David ci regala piccoli tocchi letterari di grande raffinatezza, come l’umorismo di Seth mentre si disgrega, una scelta che pone in maggiore risalto la tragicità di un destino segnato. Poi la coreografia degli sguardi, dei silenzi, dei movimenti delle mani e dei corpi: le pose plastiche enfatizzate dal fisico scultoreo di Goldblum che rimangono impresse sulla retina in modo indelebile. David crea un universo conchiuso e autosufficiente lavorando con pochissimi elementi: tre attori, un paio di location e tre riproduzioni giganti di un motore Ducati, tanto che questa essenzialità partorirà un’opera teatrale per la regia dello stesso Cronenberg e musicata da Howard Shore, autore della colonna sonora epica e struggente. Qualcuno rimprovera a La mosca di sottendere un’ideologia retriva, di rinfocolare il sospetto nei confronti della scienza e di riproporre il vecchio cliché anni Cinquanta sui confini da non superare mai. David però è di tutt’altro avviso: «Nei miei film gli scienziati sono sempre degli eroi che spingono la ricerca ai limiti estremi. Esplorano, rischiano di persona, vengono feriti e feriscono, ma questo è ciò che fanno gli esseri umani. Lo si fa quotidianamente, per costume e per cultura. Anche gli artisti lo fanno. E io mi considero uno di loro».