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La grande rabbia

2016
Titolo Originale:
La grande rabbia
REGIA:
Claudio Fragasso
CAST:
Miguel Angel Gobbo Diaz (Benny)
Maurizio Matteo Merli (Matteo)
Ed Hendrik (Stefano)

Il nostro giudizio

La grande rabbia è un film del 2016, diretto da Claudio Fragasso

Dopo le parentesi nella commedia, Claudio Fragasso ritorna nel genere che gli è più abituale fin dagli anni Novanta, cioè il noir/poliziesco, con La grande rabbia (2016). Se da un lato si mantiene il connubio tra impegno e spettacolo, varie sono però le differenze rispetto al passato: innanzitutto la produzione, che passa dal budget medio/alto a un sistema semi-indipendente, riuscendo comunque a mantenere un’ottima regia e messa in scena; in secondo luogo lo stile, non roboante come i precedenti ma più sociologico e intimista. Scritta dalla moglie e collaboratrice Rossella Drudi, la storia si svolge a Roma in un giorno del dicembre 2014: sullo sfondo delle tensioni fra popolazione e immigrati, che sfociano nei violenti scontri di Tor Sapienza con la polizia, si dipanano le storie di due ragazzi borderline uniti da una fraterna amicizia, il romano Matteo (Maurizio Matteo Merli) e Benny (Miguel Gobbo Diaz), ragazzo di colore adottato da piccolo, da poco uscito dal carcere. Matteo fa parte di un gruppo neofascista che vuole ripulire la città; Benny, anch’egli fascistoide, si guadagna da vivere partecipando a combattimenti clandestini. Matteo vuole tenersi lontano dalla malavita, ma finisce per seguire l’amico in alcune imprese, come recuperare il suo oro da una comunità rom e fargli da manager in un incontro: le storie dei singoli finiranno per incrociarsi tragicamente con la Storia recente.

La vicenda narrata, l’asciutto realismo, l’uso del B/N lungo tutto il film fanno de La grande rabbia una risposta italiana al neo-noir francese L’odio di Mathieu Kassovitz, che Fragasso indica come modello: le tensioni sociali, la vita delle periferie, la micro-criminalità vengono analizzate dall’interno e con uno sguardo il più possibile neutrale – non c’è una distinzione manichea fra “buoni” e “cattivi” – e con tocchi semi-documentaristici in alcune scene (le interviste agli abitanti del quartiere). Il titolo non è secondario: se da un lato riecheggia L’odio, dall’altro sembra contrapporsi alla “Grande bellezza” messa in scena in modo estetizzante da Sorrentino. Qui non c’è spazio per nessuna idealizzazione, la realtà è messa a nudo nei suoi aspetti più duri e sgradevoli, specchio della drammatica attualità italiana di cui il film mette in scena problemi e contraddizioni. La grande rabbia prosegue l’esplorazione del regista dei temi più scottanti del nostro Paese: dopo naziskin, mafia, polizia, terrorismo, esercito, tocca all’immigrazione e alle periferie come terreno fertile per la criminalità – ricorda per certi versi Non essere cattivo di Claudio Caligari.

Pur nella diversità rispetto ai film precedenti, Fragasso non rinuncia allo spettacolo –i due violenti combattimenti di Benny e gli scontri con la polizia, ottenuti alternando vere immagini di repertorio con efficaci ricostruzioni in stile ACAB. Il cast si appoggia sulla fisicità espressiva dei protagonisti Maurizio Mattei Merli (figlio del grande Maurizio) e Miguel Gobbo Diaz, esordiente, ma non mancano interessanti personaggi di contorno: il padre di Matteo – uno stralunato Flavio Bucci con la sua “filosofia della monnezza” – il folle combattente nazista (Giulio Base) che picchia citando versi della Bibbia, il capo rom Gianluca Petrazzi (coreografo delle ottime scene d’azione), Vincenzo Peluso e un cammeo di Fragasso stesso nel ruolo di un pensionato che predica l’unione di bianchi e neri contro i politici. Il B/N fotografa gli angoli più fatiscenti della città di Roma, supportato – più che dal commento musicale di Pino Donaggio – dai brani rap di Tommaso “Piotta” Zanello.