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La bolognese

1975
Titolo Originale:
La bolognese
REGIA:
Alfredo Rizzo
CAST:
Franca Gonella
Luciano Pigozzi
Roberto Loreti

Il nostro giudizio

La bolognese è un film del 1975, diretto da Alfredo Rizzo.

Fatti esperimenti di regia con due stravaganti declinazioni del giallo-erotico, Carnalità e La sanguisuga conduce la danza, il nizzardo Alfredo Rizzo passa nel 1975 nel campo di quella dimensione comica che era stato l’humus della sua carriera di interprete, da quando verso la metà degli anni Quaranta aveva cominciato a frequentare il grande schermo diretto da Mattoli, Ferroni, Bragaglia nei film con Macario. Rizzo porta con sé il retaggio, sapido, dell’avanspettacolo da cui tutti i film che firmò come regista risultano infiltrati e diremmo pure corroborati, persino quelli più scuri, ai limiti del truce, come il tardo e sconosciuto Suggestionata. La bolognese è pieno di lazzi, frizzi, motteggi dialettali, sì, ma si regge su un assunto che è anche molto mélo. Franca Gonella è una ragazzina che vive una vita non sua, perché i fotoromanzi, i “fumetti”, le hanno scaldato la testa e, andando giù, anche i sensi. La storia di Caterina è quella di un’anima, inquieta, abbacinata dai sogni, che è spinta a degradarsi, a buttarsi via, imputtanendosi fino al punto da andare materialmente sulla strada vicino al falò. È un film girato tra l’aia e il fienile, ma dentro al quale, incredibile a dirsi, riesce a insinuarsi il famoso “messaggio”, quello che all’epoca si pensava appartenesse solo alla serie A, agli autoroni. Rizzo è un regista pieno di virtù nascoste.

Chi crede che lo scrivente stia scherzando, vada a rivedersi e magari a vedersi La bolognese. Sarà anche che Franca Gonella è scelta con una rara adeguatezza alla parte. Fanciullina smorfiosetta sulla quale le cose sembrano passare senza lasciare alcun segno, espressione assolutamente impenetrabile, quando gli eventi verso la fine precipitano acquista profondità e diventa un carattere. Ovviamente non c’è premeditazione, teoria: è una cosa che vien fuori così, più per caso che per calcolo, ma in cui dovrà comunque avere qualche significato il fatto che Rizzo avesse abdicato alla prima candidata al ruolo, una bonazza, a favore dell’esile, biondina e minutina – ma quanto eroticamente pepata – Franca, che in tutti i film dell’epoca giocava sulla dicotomia tra il sembrare e l’essere (sembra minorenne ma è una donna, sembra una donna ma è minorenne), mai come in questo caso funzionale ed efficace. Il film è una compilation di cose che funzionano, dalle mazurke cantate dal grande Roberto Loreti (alias Robertino) mentre va in macchina per la campagna – contadino saggio e comunista che lotta contro un mondo di fattori e padroni –, alla scopofilia del padre di Caterina Luciano Pigozzi, il quale si ritroverà senza saperlo a spiare le grazie della figliola attraverso il buco della serratura in un casino, fino alle situazioni da Cavalleria Rusticana di cui si rende protagonista lo spregevole, immenso, Guido Leontini.

Stupisce il carattere morboso dell’eros, che allacciandosi senza soluzione di continuo alle gag comiche, si accresce dell’effetto sorpresa. Nella scena in cui Pigozzi si sta sollazzando in soffitta a guardare la serva Ria De Simone costretta a giacere con un villico, quest’ultimo a un certo punto le domanda – lei si sta lamentando per la situazione: «Che c’è, stai venendo?». “Venire” nessuno osava usarlo in questo genere di film ed è stranissimo che gliel’abbiano lasciato passare. La giunonica Cinzia Romanazzi, la sorella di Caterina, ha una scena discretamente hot a letto col marito, puntualmente inzeppata coi dettagli porno in Francia – Rizzo è sempre stato un regista insertatissimo. Infine, una domanda: perché “La bolognese”, visto che ci troviamo in campagna e che la città di Balanzone, nota almeno per un’altra specialità oltre i tortellini, viene mostrata solo per pochi fotogrammi alla fine in un camera-car? Beh, basta appunto contare quante volte la Gonella si abbassa con la testa a livello inguine dei suoi partner, socc’mel!…