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La bella e la bestia

1977
REGIA:
Luigi Russo
CAST:
Lisbeth Hummel (Schiava dello zar / Varvara)
Robert Hundar (Zar)
Philippe Hersent (Principe)

Il nostro giudizio

La bella e la bestia è un film del 1977, diretto da Luigi Russo.

La bella e la bestia di Luigi Russo – specialista del cinema erotico – appartiene al cinema più segreto e controverso dei nostri anni Settanta, quando i registi avevano il coraggio di osare, tanto che exploitation e discorso autoriale andavano spesso a braccetto. È una sorta di risposta italiana (riuscitissima) al cinema di Walerian Borowczyk – in particolare a Racconti immorali e La bestia – e simbolo di un cinema oltranzista e coraggioso, capace di mettere in scena senza remore deviazioni sessuali e scene erotiche ardite. Il modello utilizzato è l’omnibus (cioè il film a episodi, tanto in voga all’epoca): siamo dalle parti del decamerotico, ossia quel filone di commedie erotiche ambientate nel Medioevo, ma con un’ambientazione che passa a tempi più moderni e una riduzione drastica dell’umorismo. In sostanza, è un incontro fra il decamerotico e Borowczyk, un Decameron rivisitato con uno sguardo morboso e talvolta crudele, sulla scia del maestro polacco. Ne La schiava, la concubina dello zar (Lisbeth Hummel) ottiene il potere per un giorno, e lo utilizza per schiavizzare il suo padrone: ma finirà per pagare a caro prezzo il suo gesto. Ancora la Hummel è protagonista di Zooerastia, nei panni della nobildonna Varvara che tradisce il marito con lo stalliere: scoperta la sua infedeltà, il principe la punisce imprigionandola nuda in una stanza con un puledro e due molossi. La fustigazione è incentrato su un giovane che gode nello spiare la madre adultera e nell’essere frustato: il ragazzo coinvolge nelle sue pratiche anche una giovane amica (Brigitte Petronio). Ne La promessa, infine, la protagonista Giovanna (Franca Gonella) sta per sposarsi con un uomo impostole dalla famiglia ma è innamorata del cugino: per mantenere la verginità in vista del matrimonio, pratica sesso anale con l’amante.

L’ambientazione spazia dall’epoca degli zar nel primo episodio alla contemporaneità nell’ultimo, dunque fra l’Ottocento (si presume) e i nostri giorni, viaggiando tra la Russia e l’Italia, ma sempre rimanendo nel vago: tanto che le storie assumono un contorno surreale e fiabesco (ma siamo in una fiaba dark), supportato dalle musiche barocche e spesso favoleggianti di Piero Umiliani. Ogni episodio esplora una differente perversione, e talvolta anche più di una. La schiava, liberamente tratto da un racconto di Masoch, parla appunto del masochismo – il trarre piacere dalla propria sofferenza (come in Venere in pelliccia di Dallamano) e dalla sottomissione alla donna: per cui Robert Hundar (noto caratterista di western e polizieschi) bacia i piedi alla mistress Hummel, si fa frustare, cavalcare e umiliare in ogni modo, mentre uno stuolo di ragazze nude (che sembrano uscite dai Racconti immorali o da Salò) si muovono nella corte. Lisbeth Hummel, celebre proprio grazie a La bestia, recita in un altro ruolo scabroso, anche se la zooerastia dell’omonimo episodio (o zoofilia, cioè il sesso con gli animali) non è spinta ai livelli estremi dell’ottimo Bestialità di Peter Skerl: la nobildonna consuma amplessi selvaggi nella stalla con il rozzo garzone, di fronte allo sguardo dei cavalli che sembrano percepire e riflettere gli stessi appetiti sessuali dei due amanti. Nonostante il titolo, non ci sono scene esplicitamente erotiche con gli animali (anche se si vedono i membri eretti dei cani e del puledro), ma la morbosità è elevata e sgradevole: in particolare nella regressione della Hummel (completamente nuda) allo stato belluino, mentre condivide il cibo con le bestie e li addomestica accarezzandoli sensualmente.

Dalla crudezza dei primi due episodi ci spostiamo con le altre due storie in un territorio più leggero, con toni quasi da commedia, ma sempre ricchi di eros e perversione. La fustigazione esplora un voyeurismo pre-brassiano con implicazioni pseudo-incestuose, quando il giovane protagonista osserva di nascosto la madre mentre scopa con l’amante o si masturba (siamo un po’ nella cosiddetta commedia “licenzioso-familiare”). Ma il racconto va oltre, poiché il ragazzo trova piacere non solo nel guardare ma anche nel farsi punire e frustare (torna dunque il masochismo): tanto dal maestro a scuola quanto soprattutto da Brigitte Petronio (starlette del bis italiano), nel ruolo di mistress e protagonista a sua volta di una sensualissima masturbazione sul dorso di una sedia. Con La promessa siamo dalle parti dei film erotici alla Samperi, con una mescolanza di temi quali l’incesto, la verginità e il sesso anale, a cui si aggiunge un’iniziale suggestione lesbica destinata però a non proseguire. Franca Gonella, un altro volto noto del bis italiano qui accreditata come Francoise Gerardine, concede infatti il culo al giovane cugino (o meglio, è lui che se lo prende mentre la ragazza dorme) per mantenere la verginità fino al matrimonio combinato. Ne La bella e la bestia notiamo una cura certosina e non scontata nei costumi e nelle scenografie d’epoca (anch’esse paiono ispirate a Borowczyk), valorizzate da una fotografia morbida; ma sicuramente il punto di forza del film è l’erotismo delle protagoniste, tutte specializzate nel cinema erotico: inquadrature insistite sul seno, il pube peloso tipicamente seventies, il culo, i fianchi e i piedi, elementi erotici sui quali si innestano rapporti sessuali di ogni tipo – dalle carezze lesbiche alla scopata selvaggia, dalla dominazione feticista alla masturbazione, dal sesso anale fino alla fellatio e al cunnilingus.