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La Abuela

2021
REGIA:
Paco Plaza
CAST:
Almudena Amor (Susana)
Vera Valdez (Pilar)
Karina Kolokolchykova (Eva)

Il nostro giudizio

La Abuela è un film del 2021, diretto da  Paco Plaza.

Del Torino Film Festival appena conclusosi, non vi è dubbio che “Le Stanze di Rol”, finestra dedicata all’ignoto e al bizzarro (in partnership con Rai4) si sia fatta valere, a cominciare dallo stuzzicante promo realizzato con l’ausilio della grafica digitale. Seppur non nella sua globalità, la sopraccitata sezione dedicata, come si evince facilmente dal nome, al misterioso sensitivo torinese Gustavo Adolfo Rol, già adorato da Federico Fellini, non ha disingannato le attese grazie a un compendio di proiezioni che includeva anche l’inquietante Coming Home in the Dark (del neozelandese James Ashcroft), il singolare Extraneous Matter (del nipponico Kenichi Ugana), il sadico Bull (del britannico Paul Andrew Williams) e dunque La Abuela, dello spagnolo Paco Plaza, cui si è scelto di dedicare la presente recensione. Originario di Valencia, Plaza si è ritagliato un nome dirigendo assieme a Jaume Balagueró il popolare horror Rec, già accolto da un successo straordinario, poi divenuto il primo tassello di una trilogia formata da [Rec]² (ancora in cooperazione con Balagueró) e [Rec]³ – La genesi (girato invece in solitaria).Va immediatamente precisato che La Abuela ha il vanto di saper sbigottire inaspettatamente sotto più punti di vista; un merito, questo, che è poi strettamente associato alle figure delle due protagoniste, la giovanissima e affascinante Almudena Amor (classe 1994) , originaria del luogo dove il film è in larga parte ambientato, ovvero Madrid, e la sua controparte, l’ottantacinquenne Vera Valdez (già nota in passato come modella e musa ispiratrice di Coco Chanel), qui chiamata a ricoprire – in maniera superlativa – “la nonna” del titolo. Nel film la Amor è Susana, modella spagnola ventiquattrenne che vive in pianta stabile a Parigi e che, proprio nell’attimo in cui sta per compiere il grande salto, riceve inaspettatamente una telefonata da cui apprende che la nonna Pilar (Valdez, per l’appunto) ha appena avuto un ictus.

La ragazza è molto legata all’anziana, essendo cresciuta con la stessa dopo aver perso da piccola i genitori, pertanto è costretta a catapultarsi a Madrid per accudire la nonna ora inferma, seppur nell’intenzione di trovare per lei qualcuno che possa assisterla a domicilio, di modo da rientrare a Parigi quanto prima. A causa della sua condizione mentale, però, Pilar sembra non riconoscere la nipote, e se inizialmente appare più semplicemente come un essere da compatire, mansueto e indifeso poiché privato della capacità di intendere e di volere, man mano che le scene si susseguono ella lascia emergere le sue vere sembianze, tutt’altro che innocue. Pilar è nei fatti una specie di strega dotata di potentissimi poteri medianici, e la permanenza di Susana nella sua terra natale si trasformerà presto in un ansante incubo dal carattere allucinogeno. Tra nonna e nipote, inoltre, Plaza infila la presenza quasi indefinita di un’altra giovane, la bionda Eva (a interpretarla fugacemente è la splendida ventinovenne ucraina Karina Kolokolchykova), figura che si scoprirà avere un qualche legame indissolubile con le due. Seppur non rinunciando all’impiego di alcuni elementi fondanti dell’horror (ad esempio il più classico cigolio delle porte), Plaza erige un complesso quadro di inquietudini fatto di gesti e sguardi, contornato da un ritmo serrato e da un’egregia operazione di contrasti fra luce e tenebra. Lungo i suoi cento minuti, il film è in grado di traghettare lo spettatore in un bagno di brividi che si rivelano costanti: cosa non da poco, considerato come ormai da parecchi anni il settore cinematografico dell’horror arranchi parecchio nel trovare intuizioni efficaci per mantenere alta la suspense o, discorso ancora più complesso, per imprimere un senso di paura. Il racconto riesce inoltre a scuotere senza impiegare come semplice mezzuccio l’elemento soprannaturale; piuttosto, con esso vi coabita cercando di mantenere in qualche modo saldo il carattere razionale della materialità (ad esempio mediante l’uso dello smartphone da parte di Susana anche nelle scene dal sapore più delirante).

La Abuela riesce poi sapientemente a scansare il concetto di prevedibilità, non ricorrendo gratuitamente o in modo scontato a effetti speciali stantii. La Valdez, ad esempio, pare uno spettro fluttuante, ma i suoi passi non emettono mai suoni, eppure il suo modo di palesarsi resta lancinante. Dettagli, spiega Plaza, “che si possono apprezzare soltanto al cinema; per questo, se vogliamo continuare a fare film per il grande schermo, dobbiamo offrire qualcosa di diverso rispetto alla visione domestica. In questo momento la produzione televisiva è molto buona e ha lanciato una sorta di sfida. Noi siamo chiamati a fare qualcos’altro, perché in un’ora e mezza non si potranno mai sviluppare personaggi complessi come quelli creati da chi ha magari quattro stagioni a disposizione. Su quel terreno hanno vinto loro. Noi possiamo fare di meglio? Non credo, e allora bisognare tentare altre strade”. Che egli sia riuscito a spiccare è innegabile, poi certo, non è così difficile intuire quali possano essere stati, sul  piano cinematografico, gli ingredienti orrorifici ed esoterici che lo hanno in qualche maniera ispirato (nel suo indagare con la cinepresa i meandri dell’abitazione della nonna, tra l’altro, il lungometraggio richiama in un certo modo alla mente il Polanski di Repulsion), ma il regista riesce a mettere sul piatto un risultato né scontato, né tantomeno banale. Il lavoro riflette poi di traverso il tema dell’invecchiamento, per quanto la vecchiezza qui affrontata sia dotata di una potenza inaudita, in grado di distruggere qualsiasi cosa possa fungere da intromissione ai piani diabolici di Pilar. Se proprio vogliamo trovare una pecca, si potrebbe bacchettare il regista per aver evitato di approfondire meglio la componente occultistica, dimenticandosi di chiarire chi sia per davvero la nonna sul piano spirituale, quale sia il suo passato, oppure secondo quale metodo ella sia riuscita ad acquisire i suoi poteri. Ma del resto quello esoterico è un universo che già dal suo significato etimologico deve rimanere ignoto ai più. Ciò detto, se vi è un film che possa ridettare gli stilemi dell’horror contemporaneo, quello è senz’altro La Abuela.